The Greatest Showman
Il trapezio della vita
di Giuliana Molteni •
Il più grande Showman cui si riferisce il titolo del nuovo film con Hugh Jackman, chiusa la parentesi di Logan/Wolverine, è Phineas Taylor Barnum, mitico personaggio che sulla metà del 1800 inventò quel circo che, con vari aggiustamenti, è ancora quello che vediamo oggi. Imprenditore coraggioso, impresario dall’incosciente visionarietà con una propensione al rischio davvero suicida, Barnum era stata un ragazzino di umili origini, fatto che nella classista società americana del diciannovesimo secolo gli avrebbe potuto precludere quello che fin da bambino era il suo grande amore, la figlia di un ricco borghese newyorkese. Ma la sua determinazione la conquista e la strappa dal suo polveroso ambiente.
Phineas dal nulla si inventa prima un circo/museo delle cere (l’American Museum, nel 1842), poi intuisce la potenzialità dell’attrazione che la mostruosità, anche la semplice deformità fisica, suscita nelle masse. Le ecografie erano lontane nel tempo, la miseria faceva la sua parte, i nati deformi erano numerosi, Facendo leva su morbosità ma anche ignoranza, con l’astuzia nell’enfatizzare/creare mostruosità là dove c’erano solo eccentricità della natura, Barnum ottiene finalmente il successo, mettendo insieme una troupe di freaks, alcuni con doti artistiche, ma anche con animali e acrobati. Sempre in cerca di nuove sfide, diventa socio di un commediografo scontento (Zac Efron) e passa come un turbine cambiando le vite di chi trascina nel suo folle giro. Ma il successo genera ostilità (gli haters esistevano già senza facebook) e l’uomo viene ancor più snobbato e criticato, aizzando nei suoi confronti frange di ignoranti fanatici. Nonostante tutto Barnum inventa quello che diventerà il Circo, The Greatest Show on Earth, una parentesi di evasione dalla miseria di quei tempi grigi, dove non solo gli abituali frequentatori dei teatri potevano sollazzarsi ma anche il popolo più misero poteva dimenticarsi di sé e consolarsi delle bruttezze quotidiane. In seguito, per necessità, finirà anche per inventare il mitico tendone. Ogni tanto vince, ogni tanto perde. Ma lo splendido personaggio del film mai si arrende, perché la meraviglia, che sta sempre negli occhi di chi guarda, non lo abbandonerà mai. Jackman, smesse le masse muscolari di Wolverine, ritrova la sua eleganza da danzatore, canta e recita e sorride con la grazia che ben conosciamo, perfetto per questo personaggio, che lo aveva attratto già diversi anni fa.
Le gesta di Barnum erano già diventate un musical nel 1980 e un film tv del 1986, con Michael Crawford. Efron si impegna con lode. Le donne che li circondano sono Michelle Williams, la sempre amata, Rebecca Ferguson, la cantante che lo metterà a rischio, e Zendaya, l’acrobata che strega Efron. Il film, diretto dal giovane esordiente Michael Gracey, è un musical originale, scritto per lo schermo da Jenny Bicks (The Big C, Rio) con la sceneggiatura di Bill Condon (Demoni e dei, Chicago, Kinsey). La colonna sonora più classica è di John Debney, ma le canzoni, piacevolmente orecchiabili, sono pop, in contrasto con un’ambientazione d’epoca molto curata, scritte da Justin Paul e Benj Pasek, Golden Globe e Oscar per La La Land. Sulle quali sono coreografati balletti sempre impeccabili, un paio davvero suggestivi. The Greatest Showman è un film pieno di vitalità, dove la travolgente sete di vita di un uomo ha la meglio su discriminazioni e pregiudizi. Da un punto di vista strettamente biografico, non sappiamo quanto attendibile, e pur eccessivamente ottimistica, la rappresentazione riesce a coinvolgere più che piacevolmente. Abbiamo visto il film in originale, speriamo in italiano si mantengano i sottotitoli delle canzoni, che hanno testi legati allo svolgimento della vicenda.
Phineas dal nulla si inventa prima un circo/museo delle cere (l’American Museum, nel 1842), poi intuisce la potenzialità dell’attrazione che la mostruosità, anche la semplice deformità fisica, suscita nelle masse. Le ecografie erano lontane nel tempo, la miseria faceva la sua parte, i nati deformi erano numerosi, Facendo leva su morbosità ma anche ignoranza, con l’astuzia nell’enfatizzare/creare mostruosità là dove c’erano solo eccentricità della natura, Barnum ottiene finalmente il successo, mettendo insieme una troupe di freaks, alcuni con doti artistiche, ma anche con animali e acrobati. Sempre in cerca di nuove sfide, diventa socio di un commediografo scontento (Zac Efron) e passa come un turbine cambiando le vite di chi trascina nel suo folle giro. Ma il successo genera ostilità (gli haters esistevano già senza facebook) e l’uomo viene ancor più snobbato e criticato, aizzando nei suoi confronti frange di ignoranti fanatici. Nonostante tutto Barnum inventa quello che diventerà il Circo, The Greatest Show on Earth, una parentesi di evasione dalla miseria di quei tempi grigi, dove non solo gli abituali frequentatori dei teatri potevano sollazzarsi ma anche il popolo più misero poteva dimenticarsi di sé e consolarsi delle bruttezze quotidiane. In seguito, per necessità, finirà anche per inventare il mitico tendone. Ogni tanto vince, ogni tanto perde. Ma lo splendido personaggio del film mai si arrende, perché la meraviglia, che sta sempre negli occhi di chi guarda, non lo abbandonerà mai. Jackman, smesse le masse muscolari di Wolverine, ritrova la sua eleganza da danzatore, canta e recita e sorride con la grazia che ben conosciamo, perfetto per questo personaggio, che lo aveva attratto già diversi anni fa.
Le gesta di Barnum erano già diventate un musical nel 1980 e un film tv del 1986, con Michael Crawford. Efron si impegna con lode. Le donne che li circondano sono Michelle Williams, la sempre amata, Rebecca Ferguson, la cantante che lo metterà a rischio, e Zendaya, l’acrobata che strega Efron. Il film, diretto dal giovane esordiente Michael Gracey, è un musical originale, scritto per lo schermo da Jenny Bicks (The Big C, Rio) con la sceneggiatura di Bill Condon (Demoni e dei, Chicago, Kinsey). La colonna sonora più classica è di John Debney, ma le canzoni, piacevolmente orecchiabili, sono pop, in contrasto con un’ambientazione d’epoca molto curata, scritte da Justin Paul e Benj Pasek, Golden Globe e Oscar per La La Land. Sulle quali sono coreografati balletti sempre impeccabili, un paio davvero suggestivi. The Greatest Showman è un film pieno di vitalità, dove la travolgente sete di vita di un uomo ha la meglio su discriminazioni e pregiudizi. Da un punto di vista strettamente biografico, non sappiamo quanto attendibile, e pur eccessivamente ottimistica, la rappresentazione riesce a coinvolgere più che piacevolmente. Abbiamo visto il film in originale, speriamo in italiano si mantengano i sottotitoli delle canzoni, che hanno testi legati allo svolgimento della vicenda.
Travolgente, per appassionati
8