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Sono tornato

Ma se ne era davvero andato?

di
Per qualche misterioso fenomeno astrale, nella multietnica Piazza Vittorio, Esquilino, Roma, in uno spelacchiato prato si materializza Benito Mussolini, con un forte mal di testa e i ricordi poco chiari. Vaga per le strade in stato confusionale, si mischia ai turisti che lo scambiano per un figurante e si fanno foto con lui, teme di essere finito ad Addis Abeba data la quantità di gente di colore che gira per le strade. Dopo qualche disavventura di passaggio, finisce in contatto con un reporter sfigato, appena licenziato dalla sua piccola emittente in crisi di ascolti, che si entusiasma, ritenendolo un sosia perfetto e un istrionico interprete, e se lo porta a fare un tour per il paese, in stile Sacha Baron Cohen, per provocare le reazioni del pubblico. Ovvio che si cerca di solleticare i peggiori istinti degli intervistati, perché così fa più spettacolo. Grazie alle varie condivisioni sui social, il personaggio diventa virale, e anche l’emittente del povero reporter lo richiama per presentare Benito al pubblico nel corso di un talk show dove, come prevedibile, il personaggio “spacca” alla grande.

Esplode il successo mediatico, gli spettatori gradiscono la sua “scorrettezza “ politica, il coraggio delle sue idee estreme (sappiamo quanto piacciono alle masse quelli che le sparano grosse). Disgustato dal grado di decadenza raggiunto dai suoi compatrioti, Benito, esattamente come aveva fatto tanti anni fa, li richiama ai valori primigeni, li compatta nell’allerta contro gli emigranti (aveva funzionato così bene allora, può non funzionare adesso?), tralasciando gli ebrei, perché questa volta è meglio evitare, almeno per il momento (così gli vien detto). Ma si può permettere di essere sprezzante nei confronti della politica, sprezzo sul quale in effetti tutti siamo concordi da destra o da sinistra. Ma se l’attuale società gli fa schifo, non trova nemmeno gran consolazione fra i suoi adepti, perché durante un’incursione in una sede di simpatizzanti, trova dei rammolliti da lui equanimemente disprezzati. L’unica a ribellarsi all’ondata di approvazione/tolleranza collettiva, sarà una vecchia signora, afflitta da demenza senile. Un inciampo si verifica con l’uccisione di un botolo fastidioso, ma si tratta di una momentanea battuta d’arresto. Un futuro glorioso gli si apre davanti? Come andrà a finire? Come è finita l’altra volta ce lo ricordiamo bene, ma con diversi giudizi storici e morali. Anche in seguito però, stimolando il qualunquismo, il conformismo, l’idiozia dilagante, l’apatia politica, il razzismo, abbiamo visto quanta strada abbiano fatto personaggi ben noti. Facile, in un paese come il nostro, un paese dalla pancia sempre molle, pronto cattolicamente a “perdonare”. Fin qui abbiamo ripreso quasi parola per parola la nostra recensione di Lui è tornato, film del 2015 diretto da David Wnendt, con la sceneggiatura tratta dal romanzo di Timur Vermes, in cui talvolta si sorrideva, per il tono “alla Borat” nelle parti in cui si andava a solleticare la ggente comune (la democrazia è sopravvalutata, sì è vero). Qui forse perché tocca ancora più da vicino, si ride meno e sempre amaramente, mentre la narrazione si occupa in modo più superficiale della penetrazione sociale del personaggio.


Ottima l’interpretazione di Massimo Popolizio, che si cala nel difficile personaggio sempre con sobrietà. Frank Matano fa l’ingenuo naif senza troppa sostanza. Dirige Luca Miniero dopo i suoi remake “europei” (Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord) e altre commedie, su una sua sceneggiatura scritta insieme a Daniele Guaglianone (Lo chiamavano Jeeg Robot, L’ora legale, Benedetta follia). Ribadiamo che più spiritoso e articolato era stato il discorso del film italiano Pecore in erba, che compiva un percorso più sottile per arrivare a mostrare con chiarezza l’errore dei nostri tempi, nei quali in nome della libertà di espressione tutto è concesso, perché tutti devono avere il diritto di poter dire quello che pensano, orribile o meno che sia. Arriviamo a supporre che nemmeno la temibile Alessandra Mussolini avrà troppo da arrabbiarsi, perché, pur portatore di idee che hanno contribuito a risultati tragici, suo nonno qui a tratti ha una sua dignità forse superiore al vero. Anche se mai mostra nostalgia per la moglie Rachele, ma solo per Claretta. Come diceva Hitler, oggi come allora nessuno è stato ingannato, tutti avevano capito benissimo ed erano d’accordo, “tutti mi avevano seguito perché tutti erano come me, non ci si può liberare di me perché sono una parte di voi”. Qui invece a Mussolini si fa dire “Non ho inventato il fascismo, lo ho solo tirato fuori dal subconscio degli italiani”. Non viene tanto da ridere, vero
 

incompleto

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