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Red Sparrow

Una serpe in seno

C’è nostalgia (almeno cinematograficamente parlando) per le vecchie spie russe stile Guerra Fredda, quei personaggi che un addestramento durissimo riduceva a veri automi omicidi, condizionati mentalmente a compiere qualunque azione in nome del Comunismo. Finito quel periodo per ovvie ragioni storiche, gli sceneggiatori si sono buttati sui fanatici islamici, anche prima dell’11 settembre, e sui transfughi dei vari regimi dell’Est, ex-Jugoslavia, ex-URSS, oligarchi folli compresi. Nel nuovo film diretta da Francis Lawrence (Constantine, Io sono leggenda, la saga Hunger Games), un melodramma di ambientazione spionistica tratto dal romanzo Nome in codice: Diva Jason Matthews, torniamo in puro clima ante-1989, anche se la storia risultarebbe ambientata ai nostri giorni. A Mosca la bellissima Dominika sta per conseguire il successo al Bolshoi diventando la prima ballerina. Ma un crudele incidente le spezza la carriera oltre che una tibia. Sotto lo sguardo concupiscente dello zio, pezzo grosso dei Servizi Segreti (Schoenaerts), a Dominika, che deve curare una mamma dalla salute molto cagionevole, per mantenere la propria posizione di privilegiata all’interno dell’apparato statale, non resta che arruolarsi nella Sparrow School, istituzione dove con disumana crudezza si formano le future leve dello spionaggio russo. Lì la personalità individuale viene annientata, per fare degli allievi dei burattini senza scrupoli agli ordini del Partito. Sotto l’implacabile controllo di una glaciale istruttrice (Rampling), l’annientamento passa soprattutto attraverso l’obbligo ad intrattenere (subire) senza il minimo coinvolgimento emotivo rapporti sessuali di ogni genere, per poter sfruttare quella che è sempre stata una delle grandi debolezze del genere umano (pratiche descritte con maggiore efficacia nella serie The Americans). Finito l’addestramento, nonostante le perplessità di due superiori (Hinds e Irons), la ragazza viene “mirata” verso Nash, agente della CIA dal buon cuore, considerata facile preda (Edgerton). Siamo appena all’inizio di una serie di “inganni”, che porteranno a una soluzione ambigua, che se non del tutto chiara (limite di quelle storie che in pochi minuti conclusivi di “riavvolgimento” della trama debbono spiegare tutto), dimostrerà che se si creano dei mostri, non è detto che questi non si rivoltino contro i propri artefici. Spira un’aria volutamente vintage in questo film, che in effetti mette insieme cellulari e portatili a floppy disk e in generale tutta l’ambientazione non vuole localizzare con precisione la vicenda. La sensazione è incrementata dai toni cupi e dal croma della fotografia, anche la colonna sonora di James Newton Howard è elegantemente retrò. Quando si parla di doppi e tripli giochi è inevitabile pensare a precedenti illustri come La talpa, ma in quel caso l’origine letteraria era John le Carré e c’era una potenza di cast che qui manca. La regia è dell’onesto artigiano Francis Lawrence, che non si accorge di farla anche troppo lunga, perché l’aggrovigliata faccenda ci mette troppo per arrivare a conclusione. Le spie che vengono dal freddo sono sempre gelidi fantocci votati alla Causa per convinzione o per ricatto, mentre la spia americana è un idealista romantico e sentimentale, che per la propria “talpa” rischierebbe la vita. Figurarsi se colei che potrebbe tentarlo ha la faccia e il fisico di Jennifer Lawrence. Che qui si impegna molto, esibendosi anche in alcune scene di nudo quasi integrale, a sottolineare la spersonalizzazione raggiunta dal personaggio. Non manca almeno una scena d’azione breve, sanguinosa e violenta, che giunge a scuotere da un sopraggiunto torpore lo spettatore, nonostante qualche precedente scena di tortura subita dalla povera ragazza. Ma nonostante tanta avvenenza, manca del tutto la sbandierata tensione sessuale fra lei e l’uomo. La Lawrence inoltre, per mantenere una costante “Poker Face” da spia che non perde mai il controllo, rischia di essere tacciata di inespressività. Nei commenti al film si sprecano i paragoni anche con Nikita, di cui Red Sparrow non raggiunge mai né la violenza, né il sentimento, e con Atomic Blonde, solo perché in entrambi i film ci ritroviamo due spie platinate e bellissime a spasso nell’Est Europa. Ma i personaggi e i film sono troppo diversi per essere paragonabili. Personalmente abbiamo preferito l’iperbolica Charlize, perché Red Sparrow, con le sue pretese di realismo, alla fine plausibile non riesce mai ad essere ed è infinitamente meno divertente.

 

scarsino

6