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Il giustiziere della notte

Spara, cittadino, spara

di
America, America….Già con gli assassinii politici degli anni ’60 c’era stata la Perdita dell’innocenza e degli indiani ormai nessuno negava il massacro (Soldato blu e Piccolo grande uomo riempivano le sale). E con il Vietnam gli americani si erano tristemente scoperti non più poliziotti buoni del mondo, ma sanguinari e odiati invasori di terre altrui. E il bravo cittadino medio, appena usciva dai confini del suo ordinato ma soffocante sobborgo per un tranquillo weekend si trovava in balia di feroci zotici e guai ad aprire quella porta, ad andare in quella casa in fondo a sinistra. E le metropoli anti-tolleranza zero di Giuliani erano nidi di rapinatori e spacciatori impuniti, inondate di droga come ci aveva mostrato Il braccio violento della legge. In questo contesto era stato un grandissimo successo il film Il giustiziere della notte, diretto nel 1972 da Michael Winner, tratto dal romanzo di Brian Garfield, che aveva generato addirittura quattro sequel. Filo conduttore era la mitica faccia di pietra di Charles Bronson, nel ruolo del padre di famiglia assetato di sacrosanta vendetta. La serie si era chiusa in tono minore nel 1994. Ma da Sly a Liam Neeson e a Denzel Washington, i giustizieri non hanno mai smesso di incontrare il favore del pubblico, che anche se non ammazzato o rapinato così frequentemente come si tende a dichiarare, di soprusi ne subisce e quotidiani, trattato come un servo della gleba, preda dei poteri forti, frustrato, oppresso, vessato da tutti, dagli ausiliari del traffico ai nostri governanti, dalle amministrazioni di condominio alle massime banche mondiali. Tutti fanno di noi ciò che vogliono e tocca subire, ogni giorno. Allora come oggi (con in più il carico del terrorismo e dell’immigrazione illegale, per gli USA messicana oltre che islamica) cosa può fare il bravo cittadino? L’NRA ha la sua risposta, allora come oggi, armarsi e sparare. Ritroviamo quindi il mite e civile chirurgo Paul Kersey, che in una Chicago devastata dalla delinquenza spicciola rattoppa come può i feriti che arrivano a getto continuo al Pronto soccorso, vedendosi morire i buoni, costretto a salvare i cattivi. Gli capita quello che ben sappiamo, viene devastato dall’ingiustizia cosmica del destino davvero crudele, si sente poco accudito dalle Autorità, incapaci di risolvere la maggior parte dei casi che li sovrastano, dopo varie esitazioni si arma e inizia pur goffamente un’attività notturna di grande soddisfazione: sparare ai cattivi che da ogni angolo della notte attentano alla tranquillità degli inermi cittadini. La sua attività rimbalza sul web, su stampa, radio e tv e l’opinione pubblica si divide: chi lo considera un eroe di cui si attendeva la venuta, chi vede i rischi impliciti in questo comportamento. Argomento sempre attuale, come ben si può immaginare, che curiosamente aveva negli anni ’70, ancora politicamente scorrettissimi, una maggiore carica eversiva. Non si possono rimescolare i cliché senza qualche nuovo spunto originale (e spiace vedere che la sceneggiatura sia scritta da Joe Carnahan, capace in passato di sceneggiature sempre “muscolari” ma migliori). Ma da un regista non abituato alle finezze come Eli Roth inutile aspettarsi altro e inoltre il film ha cambiato potenziale guida più volte, a dimostrazione che c’erano dei problemi. Basterebbe in effetti non prenderla sul serio e vedere questo remake come un elementare Revenge Movie, arricchito dalla riuscita raffigurazione del mondo che soffia sulla frustrazione del cittadino medio, quell’industria delle armi che a colpi di spot con belle bionde spiritose e rassicuranti invita ad acquistare armi d’assalto come caramelle. Tutto è amichevole, facile, garantito. Ma pensiamo a quanto più sottile e coinvolgente sia il discorso fatto da Fatih Akin nel suo Oltre la notte, se di film di vendetta aggiornati ai nostri tempi volessimo parlare. A nuocere al risultato finale è anche la prestazione incolore di Bruce Willis, che, pur ben invecchiato, ha perso davvero carica ormonale, plausibile come bravo chirurgo borghese perbene ma che non riesce a far scattare un credibile switch quando si trasforma nell’implacabile pistolero. Oggi, anche se in fondo la situazione nella percezione del cittadino medio non sembra assai migliorata, siamo talmente anestetizzati dalle montagne di chiacchiere nei talkshow, che non facciamo una piega alle implicazioni, non diciamo morali, ma puramente organizzative, di situazioni del genere. Certe volte per strada si finirebbe a dover assegnare i numerini, per decidere chi può sparare per primo.
 
 
 
 

grossolano

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