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Black Panther

Black Power!

di
 Non si parla certo di raschiamenti di barile, perché il fondo è ancora abbastanza lontano, ma certo a ogni nuovo passo nella trasposizione cinematografica dell’Universo Marvel (i discendenti di Stan Lee ringraziano sempre) il pensiero lampeggia nella mente dello spettatore medio, quello non particolarmente nerd. Con Black Panther si approfondisce un personaggio comparso in Avengers - Civil War e qualcuno se ne chiederà la ragione. Dopo l’attentato che gli ha ucciso il mitizzato padre, T’Challa diventa re della sua felice nazione che grazie al Vibranio, minerale dalle esagerate virtù, si è assicurata un’esistenza al riparo degli occhi del mondo, come una Shangri-la africana. Nascosta da ogni mezzo di rilevazione anche modernissimo, Wakanda si è sviluppata nel suo isolamento, progredita e felice su uno stupendo altopiano africano, dove sterminati e fertili campi popolati di candide greggi e giganteschi rinoceronti, circondano una capitale che sembra Dubai. T’Challa diventa re dopo aver superato una dura prova tribale, prova che più tardi gli costerà quasi la vita e costerà la libertà al suo paese, troppo ossequioso e accondiscendente nei confronti di obsolete e ingenue tradizioni. Nella prima parte del film assistiamo alla caccia di un malvagio trafficante bianco che vuole sottrarre il Vibranio al popolo di Wakanda, nella seconda, con l’entrata in scena del vero “cattivo”, il cugino Killmonger, seguiremo la dura lotta del principe per riprendersi quanto gli spetta di diritto e per salvare (ma guarda un po’ ) anche il resto del mondo. Se a spremere una rapa non si riesce a tirar fuori sangue, qualche goccia di succo alla fine se ne ricava. Quindi gli sforzi, l’impegno degli sceneggiatori, che sono lo stesso regista Ryan Coogler e Joe Robert Cole (American Crime Story) a qualche risultato arriva, un minimo di spessore alla tenzone lo porta. Piacerà la virata “socio/politica” sul Black Power, perché il cugino cattivo tanto cattivo è diventato a ragione e nel suo personale desiderio di vendetta ha innestato una pulsione di rivalsa cosmica, per cui tutti i neri oppressi e sfruttati del mondo si riuniranno e armati da lui combatteranno contro gli odiati bianchi. Che in effetti dai tempi delle navi schiaviste non si sono certo distinti per un atteggiamento amichevole. E di questo Killmonger accusa la nazione Wakanda e i suoi governanti, che si sono chiusi nel loro egoistico benessere, nascondendosi al resto del mondo senza guardare a loro volta quel mondo che avrebbero potuto contribuire a migliorare. Ma le nuove generazioni forse rimedieranno agli errori dei padri. Virata che è nelle corde di Coogler, che ha conseguito notorietà grazie all’interessante Fruitvale Station, sull’uccisione immotivata un giovane nero del tutto innocente, per firmare poi Creed, un film che vedeva l’integrazione fra due personaggi diversamente emarginati, un pugile nero e un vecchio coach bianco in disarmo.
Eppure anche se il messaggio “impegnato” arriva (inoltre con l’invito a costruire ponti e non muri, si potrebbe pensare a una metafora di tutti i paesi ricchi che distolgono lo sguardo da quelli bisognosi e pure negano l’accesso ai propri ricchi territori), rendendo imbarazzanti le brevi e rare parentesi più ironiche, non si riesce ad appassionarsi alle traversie del Principe e del suo arrabbiatissimo cugino, forse per i limiti espressivi di Chadwick Boseman, mentre migliore è Michael B. Jordan, alla sua terza collaborazione con Coogler. Sono inoltre circondati da personaggi convenzionali, la coraggiosa ex fidanzata, la fidata guerriera, la madre affettuosa, il fratello infido, lo zio custode di segreti, fra i quali si salva la geniale sorellina tecnologica (Letitia Wright), che ritroviamo nella più significativa scena delle due sui titoli di coda. Ci sono anche due bianchi, in un cast all black, che sono il sempre simpatico Martin Freeman, agente CIA “pentito”, e Andy Serkis, senza CG sulla faccia ma con braccio super-bionico. Nella parte che si svolge in Corea sembra di essere in un film alla 007, nella parte ambientata in Africa, causa panoramiche e musiche, sembra il Re Leone. Insomma, poteva andare peggio, poteva andare meglio. Tutti fermi adesso, in attesa di Infinity War.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Poco coinvolgente

6