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A casa tutto bene

I fragili equilibri

di
Ci sono occasioni sociali particolari, matrimoni, funerali, feste natalizie, feste del Ringraziamento, che portano a riunirsi famiglie altrimenti sparpagliate nel mondo, a radunare in spazi ristretti persone ormai lontane miglia e miglia, trascorsi anni, sciolti e rifatti matrimoni, aumentato i figli, cambiato lavori. Sono occasioni sempre foriere di conseguenze negative, per lo scatenamento di rancori, rimpianti, invidie e gelosie, di ricordi insomma di quanto avvenuto in anni lontani. Con conseguenti meditazioni sul senso della vita, su grandi concetti metafisico/esistenziali, tentando bilanci dal difficile equilibrio. Il tempo che passa fa questo effetto. Di una di queste reunion molto amate dalle cinematografie di tanti paesi ci fornisce adesso la sua versione Gabriele Muccino, che per l’occasione mette insieme un cast davvero ragguardevole. In una bella isola (mai nominata, in realtà è Ischia), così idilliaca da sembrare fuori dal tempo, si ritrova la grande famiglia allargatissima dei due anziani coniugi Alba e Pietro (Sandrelli e Marescotti), che festeggiano i cinquant’anni di matrimonio. Si radunano figli, nipoti, cugini, generi, nuore ed ex nuore, perché i figli (Favino e Accorsi) e la figlia (Impacciatore) hanno macinato molta vita, chi restando vicino, chi andandosene altrove. Tutto sembra lieto, amichevole, la cordialità e l’affetto sembrano essere i sentimenti dominanti. Ma sappiamo bene che non sarà così per tutta la durata della forzata adunanza. Un blocco dei traghetti causato dal maltempo blocca tutti sull’isola e la facciata inizia a creparsi. Muccino, che scrive la sua sceneggiatura insieme a Paolo Costella (Perfetti sconosciuti) racconta a modo suo e non è mai la forma a essere discutibile, è sempre la sostanza. Sempre un pelo sopra le righe, sempre un’ottava sopra, con qualche battuta d’arresto imbarazzante sparsa qua e là. Ma non tutto è da buttare in questa riproposizione di un modello famigliare forse vissuto, forse osservato in anni di frequentazioni. Forse più ottimista che nell’Ultimo bacio, suo epocale successo del 2001, Muccino mette pericolosamente qualcosa di se stesso in ciascun personaggio e in ciascun personaggio c’è qualcosa di vero, di riconoscibile universalmente. Alla fine però non riesce a dire nulla di nuovo o di originale, mentre tratta personaggi e contesti ampiamente sfruttati da una quantità di altri film, pur orchestrando bene l’insieme, con un cast di tutto rispetto, in cui alcuni sono penalizzati da personaggi forzati. E troppe sono le parentesi cantate a squarciagola dal cast, al di fuori della colonna sonora che è di Nicola Piovani. I “grandi” litigano (molto, in stile tipicamente muccianiano), si prendono e si lasciano, si amano e si odiano, si disprezzano e si invidiano. E se ne vanno, tutti chiusi nelle loro solitudini, anche condivise, alcuni con vecchie infelicità e altri con nuove speranze. Ugualmente i più giovani iniziano storie e immancabile sfila sullo sfondo una sposa avvolta nella sua nube di tulle d’ordinanza. Quindi piace o non piace la coppia? Dopo la devastante giovinezza, dopo la temibile maturità, la chiusa del film sembrerebbe indicare che si potrebbe approdare nelle secche pacifiche della vecchiaia ancora insieme. La battaglia sarà stata vinta, pur inerpicandosi su un mucchio di macerie. Tanta fatica per non rischiare di restare da soli? Ne vale va la pena? Mah
 

privo di spunti originali

6