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La forma dell’acqua – The Shape of Water

Shape of Their Hearts

di
Siamo in piena Guerra Fredda. A Baltimora, dentro lugubri laboratori gli americani conducono inquietanti esperimenti, stile Area 51. Una misteriosa creatura viene consegnata al centro ricerche per essere sottoposta ad esami. Della cosa si accorge Elisa, mitissima addetta alle pulizie, muta dalla nascita, ritrovata abbandonata da piccina sulle rive di un fiume. Una vita solitaria ma serena, solo due amici, una collega di lavoro di colore, esuberante e chiacchierona, e un anziano disegnatore pubblicitario ormai sorpassato dalla fotografia e dimenticato dal mondo, nell’appartamento confinante con il suo. Entrambi vivono sopra un vecchio cinema sempre semi-deserto, vinto dalla concorrenza con la tv. Quando scopre cosa sia la creatura misteriosa, un essere acquatico, un anfibio all’apparenza mostruoso ma antropomorfo, dotato di ignote qualità, prova una fortissima attrazione nei suoi confronti e con la sua gentilezza riesce a instaurare un dialogo con lui. Del resto Elisa non parla nessun linguaggio e questo non costituisce quindi ostacolo alla comunicazione fra due esseri così diversi, che si attraggono istintivamente, anche carnalmente. Entrambi buoni, a differenza dei militari che gestiscono il luogo, e del terribile addetto alla sicurezza, uno di quelli per cui il diverso è sempre da distruggere. Solo un medico del laboratorio sembrerebbe più umano, ma anche lui nasconde mire occulte. Con la sua bella, nuova favola Guillermo Del Toro
torna su temi a lui cari (e ai suoi spettatori d’elezione) con toni sempre poetici, con una messa in scena fascinosa anche se con toni meno tragici che nel suo bellissimo Labirinto del fauno o ne La spina del diavolo. Là erano dei bambini a dover affrontare gli orrori causati dagli adulti, qui tutti i protagonisti sono adulti ma ugualmente impotenti e discriminati, la muta, la nera, l’anziano in quanto anche omosessuale. E naturalmente, il “mostro”. Dove i mostri ovviamente sono invece i “normali”, i crudeli poliziotti torturatori, i militari indifferenti e ottusi, le spie stupide e ciecamente obbedienti agli ordini più criminali, il barista razzista e omofobo, gli umani in generale, tranne le poche eccezioni che dicevamo. Il vero nido di mostri è la Perfetta Famigliola, villetta e tv nuovissima, la luccicante Cadillac ultimo modello posteggiata sul vialetto d’ingresso, papino che trova sempre mammina con un Martini pronto, la carriera eletta a feticcio, tutto pur di potersi permettere il Sogno. Esemplare il contrasto fra la lucente bellezza del mostro, la fragilità della grazia nascosta della ragazza e l’orrore della lenta putrefazione del corpo del malvagio vigilante, uomo dai ristretti orizzonti, incapace di scorgere l’enormità del dono che potrebbe essere per l’umanità intera il misterioso prigioniero. Deliziosamente tenera eppure capace di inaspettata sensualità Sally Hawkins, meno leziosa che in altre occasioni. Sotto la stupenda truccatura del Mostro si nasconde ancora una volta Doug Jones, che era Abe Sapien in Hellboy: The Golden Army. Perfetto come sempre Richard Jenkins. Olivia Spencer conferma le sue doti da commediante. Come sempre monumentale Michael Shannon, uomo dall’espressione inquietante. Del Toro ama raccontare in chiave onirica vicende che riguardano strettamente le storie concrete degli uomini, che nella loro incapacità di comprendere il sovrannaturale, di ridurre tutto a loro misura, perdono la possibilità di salvezza. Il regista sembra voler sottrarre questo “film di mostri”, stile Laguna nera, a quella serie B cui appartengono i film proiettati nella deserta sala del cinema sottostante o i vecchi musical che Jenkins guarda in continuazione e le cui musiche stregheranno anche il Mostro. Elisa non è semplicemente una Bella e il Mostro non è solo una Bestia e tante sono le metafore, molte le letture di questa emozionante storia. Eppure La forma dell’acqua (elemento che sempre muta) è soprattutto una storia d’amore così poetica e bella da rendere tanti ragionamenti quasi sforzati.
 

toccante

8