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Obbedire e combattere
Takashi Miike, autore specializzato in efferatezze urbane, fa il suo esordio nel film in costume, con una storia di samurai, di onore, obbedienza e morte.
Nel Giappone feudale, verso la metà del 1800, quasi alla fine dello shogunato, la pace è minacciata da un sadico e potente Signore, Naritsugu. Quando le nefandezze del potente personaggio superano ogni livello di sopportazione, viene formata un’alleanza di samurai, per far cessare l’orrore. L’onorato Shinza Shimada accetta l’incarico e arruola altri valorosi come lui. Tutti sono ben consci che non ci sarà altro premio che la morte per la loro impresa, perché un samurai deve sempre e comunque morire difendendo il proprio Signore. Anche se la causa che li mette contro Naritsugu è nobile e l’uomo è solo una psicopatica carogna assassina (“con la morte arriva la gratitudine per la vita”, afferma), il loro comportamento vìola i principi base di obbedienza e lealtà (come ci ha ben raccontato, adeguando ai tempi nostri, Johnny To). Ma tanto “la vita di un samurai non si misura in lunghezza”. La prima parte del film mostra il formarsi della congiura, il reclutamento dei compagni d’avventura. Solamente dopo quasi un’ora arriva un po’ d’azione a ridestare lo spettatore, finora non molto appassionato alla vicenda, anche per la mancanza di qualche personaggio carismatico cui affezionarsi, in un susseguirsi frenetico di facce e nomi. La regia di Miike è qui tradizionale e il suo consueto tocco sadico emerge solo nelle efferatezze di Naritsugu, un folle che si inebria di violenza e sopraffazione. Finalmente il Signore arriva nel villaggio dove lo attendono i samurai, che per compensare il divario numerico (sono in 13 contro 200), hanno disseminato il terreno di ingegnose ed elementari trappole.
Ricordando vagamente i precedenti illustri de I sette samurai (e I magnifici sette), ma senza l’epica cameratesca di questo film o di quelli di Peckinpah (qui non è quello il fulcro del discorso), si dà inizio alla mattanza finale: la lotta mortale fra un assassino malvagio protetto da un piccolo esercito, che agisce ciecamente nel rispetto delle regole, anche se sbagliate, e tredici assassini, che a quelle regole disobbediscono, pur essendo dalla parte del giusto. Un contrasto che è reso esemplare nello scontro finale fra Shinza e il suo contraltare Hanbei, vecchi compagni d’arme che si ritrovano su fronti opposti.
Il film di Miike è il remake fedele di Jusan-nin no shikaku, girato nel 1963 dal regista giapponese Eichi Kudo. Controcorrente rispetto alla sua precedente filmografia, 13 assassini conferma l’indubbia capacitò di dirigere dell’originale regista, ma non appassiona in modo particolare, complice anche l’eccessiva lunghezza, oltre a un senso di déjà-vu. Certo che obbedire ciecamente fino alle estreme conseguenze è molto più comodo che porsi dubbi e problemi morali. Infatti questo è compito dei Sovrani. Ai sudditi non resta che “ubbidir tacendo e tacendo morir”.
“massacro totale”
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film: 13 Assassini genere: Dramadata di uscita:24/06/2011paese:Giappone, UKproduzione:Sedic Internationalregia:Takashi Miikesceneggiatura:Kaneo Ikegami, Daisuke Tengancast:Kôji Yakusho, Takayuki Yamada, Yûsuke Iseya, Gorô Inagaki, Masachika Ichimura, Mikijiro Hira, Hiroki Matsukata, Ikki Sawamura, Arata Furuta, Tsuyoshi Ihara, Masataka Kubotafotografia:Nobuyasu Kitamontaggio:Kenji Yamashitacolonna sonora:Kôji Endôdistribuzione:Bimdurata:114 min
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