Interviste

SingStar

SingStar: Musica, maestro!

[del 21/05/2009] [di GameSushi.it ]
Eccoci giunti alla terza puntata del nostro incontro con gli sviluppatori di SingStar. Oggi parleremo del mondo delle licenze musicali, e scopriremo cosa bisogna fare per avere davvero le canzoni nel videogioco.

D: L’idea di licenza, solitamente, suona come un campo minato. È così? È proprio un incubo?

Dave Ranyard: Se ti lanci in affari, di solito compri alcune cose da qualcuno. Puoi mettere insieme alcune di queste, e poi rivenderle. Per quanto riguarda i contratti di licenza, alcuni di questi prodotti sono generalmente proprietà di più di una persona, o da più agenzie. Questo complica molto le cose.

Ci sono tutte queste aziende che si fanno concorrenza – mi riferisco ai nostri partner – ma che allo stesso tempo competono le une con le altre per acquisire a loro volta una parte di quei contenuti. La EMI potrebbe possedere il master di qualcosa, posseduto dalla Sony. A sua volta più persone potrebbero averla composta, ed essere rappresentati da agenzie differenti. Puoi facilmente capire cosa implichi tutto questo.

Potresti voler inserire alcuni brani su SingStar, ma il 5% potrebbe essere nelle mani di qualcuno che per qualche ragione non vuole sedersi al tavolo delle trattative. A volte c’è il controllo del copyright, cioè quando il compositore è irrintracciabile, da qualche parte in giro per il mondo. Quindi provi a cercarlo, perché senza il suo consenso non puoi muoverti. Spesso questo 5% riguarda i diritti di pubblicazione, e sei fregato.

Questo significa che non sai mai come volgeranno le cose. Se i tuoi affari richiedono certe materie prime, puoi approvvigionarti qua e là, e spuntare i migliori prezzi. Questo caso è totalmente diverso, dal punto di vista produttivo. Nel nostro lavoro, ottenere trenta brani significa desiderarne tre volte tanti, per riuscire a ottenerne abbastanza.

Con tutti i nostri partner lavoriamo attraverso ufficio di sincronizzazione, che svolgono il lavoro di soddisfare le tantissime richieste che gli giungono. Se non ne avessero così tante, immagino che non pagherebbero questo tipo di professionisti, il cui lavoro consiste nell’ordinare secondo una priorità di costi e interessi.

Un jingle pubblicitario paga moltissimo, mentre una suoneria molto meno; quindi loro prendono queste richieste e decidono di evadere dapprima le più redditizie. Quindi devi confrontarti con tutti questi diversi fattori che sfuggono al tuo controllo, e devi oltretutto provare a gestire delle scadenze di produzione che tengano conto delle penali e compagnia bella.

Gli affari sono affari, ma abbiamo ottimi rapporti con queste compagnie. Ci incontriamo, gli riferiamo di cosa stiamo sviluppando e così via. Gestiamo così queste cose, è semplice da dire ma si traduce in fogli di calcolo piuttosto complicati!


D: Quanto tempo passa dalla compilazione delle cento canzoni ipotizzate all’uscita del gioco?

Dave Ranyard: Proviamo dapprima a prenderle in licenza per tre mesi, poi prevediamo altri due mesi per testarle nell’implementazione in SingStar. Ma non c’è sempre tutto questo tempo, a volte dobbiamo cogliere delle occasioni inaspettate, ad esempio durante dei festival in una certa parte del mondo, e dobbiamo sbrigarci per tempo.

Svolgiamo una selezione molto rigorosa, perché alcune canzoni, seppure bellissime, non rendono granché nel gioco stesso. Prendi ad esempio Around the World dei Daft Punk: è un bellissimo pezzo, e venderebbe bene in Francia, ma la strofa è sempre la stessa ripetuta per ottanta volte.

Un altro esempio? Il duetto tra George Michael ed Elton John su Don’t let the sun go down on me. Su carta, per così dire, suona benissimo: due grandi artisti, ma con un intermezzo strumentali di un minuto e altri tre minuti in cui canta solo uno di loro, mentre l’altro resta lì a rigirarsi il microfono tra le mani.

Bisogna quindi valutare, e ci sono altri aspetti da considerare. Come ad esempio quel video in cui compariva un cantante con un coltello in mano, che abbiamo dovuto censurare dietro autorizzazione dell’artista per tenerci nei limiti del rating PEGI. Per quel mezzo secondo di modifica, abbiamo dovuto percorrere la trafila burocratica per tenere il gioco vicino ai dodicenni.

Se invece un video è proprio pieno di gente che si ammazza, non potrai mai modificarlo; piccole modifiche sono invece possibili e vengono fatte.

Se il brano è tratto da un film, allora hai tutt’altro percorso da seguire, perché ottenere le licenze per il film e gli attori non è compito della casa discografica.

Mike Haigh: Il punto è che a meno che tu non sia una grossa multinazionale, come Microsoft o Sony, non riesci a farti ascoltare da questa gente. Sta diventando più facile dopo il successo di Rock Band e Guitar Hero, che hanno inaugurato un business model che non può più esser preso così alla leggera, specialmente in tempi di crisi per le case discografiche.

Ora c’è un grande interesse, ma all’inizio era difficile. Probabilmente l’abbiamo spuntata solo grazie al libretto d’assegni della Sony.


D: Era insolito pensare a videoclip integrali nei videogiochi prima d’ora. Com’erano i primi colloqui che aveste con i discografici?

Dave Ranyard: Credo che a quei tempi fossimo molto pedanti sull’aspetto karaoke. Abbiamo spiegato che quel genere d’esperienza era del tutto diverso dal karaoke, proprio perché a noi interessava avere il video originale.

Ricordo questa conversazione con uno che ci chiese come fossimo riusciti ad ottenere i diritti di pubblicazione – cioè lo spartito – e i diritti di master. Davano per scontato che fossero due cose diverse, ma in realtà le persone con cui trattammo preferirono offrirci la versione master. Per loro, la versione karaoke sembrava troppo deludente, quindi erano perplessi sulla faccenda. Mettendo in luce nel migliore dei modi il loro lavoro riuscimmo ad ottenere quel che volevamo.

Mike Haigh: Eravamo in equilibrio sul filo del rasoio, no? Perché pensavano che più avessimo a che fare con loro, più potessero pretendere anche in termini economici, altrimenti non avremmo fatto uscire il nostro prodotto.

D’altra parte avremmo potuto limitarci a fare un karaoke, e si chiedevano chi avrebbe avuto il maggior vantaggio dalla cosa. Concordammo, infine, la soluzione migliore, che soddisfò pienamente entrambe le parti.

Dave Ranyard: Credo che una delle differenze, quanto alle licenze di pezzi molto conosciuti, sia nel fatto che avere quel certo brano nel gioco significhi dargli un grande appoggio. Sono convinto che quest’affare riguardi più il rapporto delle persone con la musica, e alcune band, che non ti saresti aspettato di trovare in SingStar, abbiano cominciato a giocarci trovandolo divertente. Hanno apprezzato il fatto che la gente si divertisse tanto con questo gioco, ed è molto diverso dall’ascoltare un brano al volante, e abbiano considerato la potenzialità dei fan che avrebbero attratto facendogli cantare i loro pezzi.

Kevin Mason: Diventò tutto più facile dopo il primo episodio di SingStar, perché dimostrò cosa stavamo facendo. Gli artisti che furono riluttanti dapprima, ne furono entusiasti e sperimentarono il grande rispetto che avevamo mostrato per la loro musica.


D: Come vanno le cose adesso che ci sono altri prodotti simili sul mercato? Puntate all’esclusiva, o avete problemi se qualcuno si rivolge agli artisti per primo?

Dave Ranyard: Dipende: a volte cerchiamo l’esclusiva, altre no. A volte se stiamo lavorando a un’espansione tutta dedicata a un artista, vogliamo l’esclusiva per non confondere i consumatori che vedono lo stesso contenuto in giochi diversi di case differenti.

Ma in realtà, nel nostro store per sempio, non cerchiamo spesso l’esclusiva. Puoi sempre pagare di più, ma siamo sicuri di voler davvero pagare di più per impedire agli artisti di vendere altrove la loro musica?

Tradizionalmente abbiamo rilasciato delle compilation, e le possibilità che la concorrenza offra le stesse canzoni sono praticamente nulle; pensa a quanto sarebbe complicato.


D: Avete mai avuto difficoltà ad ottenere un brano in licenza per via di un contratto in esclusiva con qualcun altro?

Dave Ranyard: No, non proprio. Forse qualche strambo artista che avremmo voluto con noi era già legato a qualcun altro. Non è un problema che ci ha tormentato, però.

Mike Haigh: È un business di catalogo; finché offri un’ampia scelta, il cliente la gradisce più di un’esclusiva. Più che avere delle esclusive, per noi è più importante avere un’esperienza di sette anni alle spalle, e presentarci agli autori con questi risultati dalla nostra parte.

Dave Ranyard: Pubblichiamo molti contenuti, sia sul gioco che nello store, e paghiamo denaro sonante che si muove lungo il sistema. Sono soldi che vengono da una parte sostanziale del loro stesso target, quindi è un rapporto bilaterale e proficuo.

Spesso sono loro che vengono da noi, a dirci che hanno questa gran bella canzone in mente, e noi pensiamo che una certa specie di pezzo possa adattarsi a questo tipo di interattività. All’inizio pensavamo in piccolo, ma adesso stiamo ampliando i nostri progetti. Potremmo anche pensare di seguire il tour di una band e dedicargli un’uscita sul nostro store.

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