Un film che si potrebbe definire "profetico".
Concepita prima che scoppiasse la crisi economica mondiale, la commedia nera Louise & Michel è diventata oggi il grottesco (ma verosimile) manifesto di ciò che stiamo quotidianamente vivendo. Il regista Gustave Kervern, grande appassionato di "storie di perdenti e persi", ha raccontato cosa l'ha portato a dirigere la storia di un gruppo di operaie che, licenziate dalla sera alla mattina, decidono di assoldare un killer per uccidere il loro padrone. "Il messaggio che mandiamo non è certo quello di dire: "prendete e andate ad ammazzare il vostro capo", però volevamo che fosse chiaro che ogni tanto è necessario essere un po' più maleducati. I lavoratori sono sempre più civili di chi li comanda e di questo i padroni se ne approfittano".
"Alcune operaie del film sono reali e sono veramente state licenziate", ha proseguito il regista, "Ci hanno detto che anche loro avevano pensato di uccidere il loro capo, salvo desistere perché consapevoli che non sarebbe servito a nulla. Io invece penso che nonostante tutto ogni tanto arrabbiarsi faccia bene, perché serve a riacquistare la propria dignità di essere umano".
In Francia si sta ad ogni modo vivendo una situazione per certi versi simile a quella del film, con l'ormai celebre caso del capo di un'azienda sequestreto e tenuto in ostaggio dai suoi dipendenti: "Non credo che questo film abbia contribuito a cose di questo genere, in Francia abbiamo una grande tradizione di sequestratori. Io a parte gli scherzi però le giustifico queste azioni, perché sono simboliche e non violente. E soprattutto perchè partono da dei lavoratori che non hanno ricevuto alcun rispetto, dei dipendenti che hanno dato tutto per vedersi poi licenziati di punto in bianco".
Ma cosa succede spesso a chi si mette in cerca del proprio padrone? "Non lo trova mai. Oggi non si ha più un interlocutore, ma solo i vari prestanome. Se poi ti metti a cercare bene finisci sempre nei paradisi fiscali, che sono il vero scandalo del capitalismo". Kervern appre molto critico nei confronti dei potenti di oggi, ma soprattutto si dichiara molto scettico circa una possibile risoluzione della crisi: "Questo è un capitalismo in cui i soldi erano solo virtuali ed è quasi normale che siano sfuggiti al controllo dei ricchi. Si tratta di un capitalismo clandestino, totalmente immorale. Adesso c'è il G20 che vorrebbe moralizzarlo, ma intanto in Francia hanno eliminato la figura del Pubblico Ministero impedendo così di poter indagare sui vari paradisi fiscali. Vogliono moralizzare il capitalismo in questo modo? Auguro loro davvero buona fortuna".
Louise & Michel è diventato un piccolo cult in tutti i paesi in cui è uscito, lanciato dalla proiezione entusiasta al Sundance Film Festival ("L'unico momento di gelo in quell'occasione fu al momento in cui riproduciamo l'attacco dell'11 settembre. Evidentemente è un evento che ancora non hanno superato"). A quel festival il film ha vinto il Premio Speciale della Giuria per l'originalità dell'opera, dando inizio così ad una vera e propria marcia trionfale. In ogni paese il più grande clamore è stato però suscitato dalle figure dei due personaggi protagonisti, un uomo (Jean-Pierre) e una donna (Cathy) che hanno cambiato sesso trasformandosi rispettivamente in Louise e Michel: "Il cambio di sesso non era indispensabile, ma comunque è inquadrabile all'interno del quadro generale. Lei diventa uomo per gli ormoni che prende per il suo sport, lui diventa donna per trovare lavoro. Entrambi sono quindi vittime del sistema. La stessa vera Louise Michel giocava con questa ambiguità. Era una femminista e indossava abiti maschili. Era persino stata in prigione con gli uomini".
Il prossimo film di Kervern sarà incentrato su un uomo di 60 anni che inizia a mettere insieme tutti i documenti necessari per andare in pensione, ma si rende conto che mancano due buste paga per completare il dossier. "La sua ricerca lo porterà a capire di essere stato preso per il culo per un'intera vita". Sarà un film più commovente e meno politico rispetto a Louise & Michel, ma comunque carico di quel senso di ribellione che nei suoi film sembra sempre l'unica via per tentare la salvezza. E nella realtà? "No, nella realtà finché ci saranno i beni alimentari e la televisione, non ci potrà mai essere una rivoluzione".