1978. In Argentina si celebrano i Mondiali di Calcio e la Dittatura Militare instauratasi nel 1976 è al suo apogeo. Mentre per le strade del paese impazza la calcio-mania, sottoterra si consuma il dramma dei desaparecidos, persone arrestate e torturate per motivi politici, delle quali si persero presto completamente le tracce.
Il regista italiano Stefano Incerti ripercorre questa tragedia attraverso il punto di vista di due giornalisti sportivi, Alessio Boni e Giuseppe Battiston, inviati nel paese per l'evento calcistico e poi direttamente coinvolti nelle barbarie della dittatura. La storia permette così al regista di mettere in scena un evento di cui molti si sono fatti complici attraverso il silenzio, dalle multinazionali ai tanti politici italiani dell'epoca.
"La mia intenzione era proprio quella di realizzare un racconto in cui si generasse un cortocircuito tra le gioie del calcio in superficie e le sevizie che invece avvenivano a poche centinaia di metri nel sottosuolo" ha racconto Incerti, regista che già aveva affrontato delicati temi politici con L'uomo di Vetro, film sulla mafia del 2007. "Ho pensato innanzitutto ai giovani, che di questa vicenda non sanno niente, e ai tanti argentini che ancora devono fare i conti con questo passato. Ho fatto questo film non solo per non dimenticare, ma soprattutto come monito per il futuro. L'Argentina era una democrazia solida, molto simile ai paesi europei, e questo vuol dire che bisogna fare attenzione perché il baratro è sempre dietro l'angolo. Ancora oggi è piuttosto grave che ci siano persone che credono che l'Argentina se lo sia meritato, che i desaparecidos fossero tutti anarchici e comunisti e che ogni cosa sia stata la logica conseguenza degli eventi".
Protagonista assoluto della pellicola è Alessio Boni, nei panni di un giornalista "frivolo" che lentamente scopre cosa si nasconde dietro la facciata dell'euforia calcistica. "Non ho fatto alcuna ricerca sul tema se non alla fine per arricchimento personale. Il mio personaggio non sa nulla di quello che accade e quindi anche io volevo arrivare vergine, per lasciarmi poi trasportare in questa follia e farmi plasmare dall'idea del film".
Coinvolta in prima persona è l'attrice argentina Florencia Raggi, alle prese con il personaggio che trascinerà Boni nell'inferno della repressione dittatoriale. "Adesso il governo sta affrontando il problema. Molti dei ragazzi della dittatura erano stati affidati ad altre famiglie e oggi grazie all'esame del DNA si può tentare di recuperare la loro identità. Si tratta di un'esperienza che non può finire nel dimenticatoio perché questi ragazzi hanno ancora tra i 20 e i 30 anni. Non ci troviamo di fronte ad un'esperienza lontana nel tempo".
Incerti ha comunque costruito il suo film non con le intenzioni di essere politico o documentaristico, ma mettendosi al servizio dello spettatore. "Non ho voluto fare un saggio, ma un film. Io ho dato solo il mio piccolo apporto per attirare l'attenzione su questo argomento. Ecco perché l'ho spettacolarizzato, per renderlo più affascinante, popolare, affinché ci fosse soprattutto un coinvolgimento. Oggi il pubblico è un po' più distratto, se uscisse Fellini con La dolce vita tutti lo rifiuterebbero. Ecco perché ho agito così".