Interviste

Vae Victis

Vae Victis a tutto campo (parte 1)

[del 26/06/2010] [di Nicola Congia]
Vae Victis è una delle realtà italiane più importanti nel nostro settore, nonché un esempio di imprenditoria virtuosa capace di proporsi sul mercato provando ad anticipare i modelli di business più efficaci, anziché seguirli.

Game Sushi vi propone quindi un’intervista ad Antonio Moro, Creative Director di Vae Victis, per scoprire insieme questa interessante società.
E scoprire la loro interessante visione del nostro settore...


Avete fondato Vae Victis nel 2007 e pochi giorni fa avete preso parte per la seconda volta consecutiva alla più importante manifestazione internazionale del settore. Cosa significa questo per voi?

Se l'anno scorso presentavamo fondamentalmente un accordo chiuso con un importante publisher americano e presentavamo Victory alla stampa con un semplice teaser e poco più, quest'anno è stato per noi il vero battesimo del fuoco nell'industry. Abbiamo presentato alla stampa una pre-beta giocabile di Victory che contiene già tutti gli elementi fondamentali del gioco che stiamo sviluppando da quasi tre anni.

Per noi l'E3 è stata sia una deadline letale, che ci ha fatto sputare sangue per raggiungere gli obiettivi prefissati insieme al publisher, sia una grande festa in cui presentare il nostro lavoro al mondo e raccogliere tutti quei feedback necessari per migliorare il prodotto stesso e capire meglio cosa il mercato si aspetta.

In generale è sicuramente la realizzazione di un sogno per noi che, partiti da zero tre anni fa, ci ritroviamo a presentare un prodotto all'E3 Expo di Los Angeles!


Il problema del prezzo dei giochi è sempre più spinoso, coi publisher che cercano di contrastare l'usato, sfruttando per giunta sempre più i propri brand coi DLC. Pensate che il modello dei free-to-play possa essere una risposta concreta al rischio di omologazione?

Noi siamo andati con la prima idea di Victory tre anni fa alla GDC di Parigi, proponendo un modello di business basato sul Free to Play, quindi gioco gratis e microtransazioni di oggetti e servizi direttamente in game, modello che stava spopolando in Asia e che stava allora da poco arrivando anche negli States e in Europa.

Molti ci hanno accolto a braccia aperte e dato consigli, molti altri invece consideravano il Free to Play una sorta di Serie B dei video game, come se quella particolare formula di vendita dovesse per forza di cose presupporre una bassa qualità del gioco.

Poi sono usciti giochi Free to Play di fascia alta, che hanno ribaltato completamente l’equazione F2P = gioco brutto. Poi anche i grandi publisher hanno cominciato a sviluppare giochi Free to Play o a inserire nei propri titoli di punta concetti presi dal Free to Play. Addirittura alcuni titoli AAA si sono riconvertiti al Free to Play per sopravvivere e ora hanno successo.

Il cambiamento in atto è irreversibile e sempre più i concetti del F2P saranno radicati in tutti i videogame, eliminando al tempo stesso soglia di ingresso (prezzo della scatola) e pirateria (giochi solo online). Non è poco.

Come sta andando a vostro avviso l’implementazione di servizi social sulle console? Quali sviluppi vedete per i giochi tradizionalmente legati a Facebook in un’ottica “da salotto”?


Il problema delle console è che dipendono strettamente dalle politiche dei loro costruttori. Sono Microsoft, Sony e Nintendo a decidere cosa funziona e cosa non funziona. Se questo è un grande vantaggio per gli sviluppatori, che si ritrovano a sviluppare su standard definiti, non lo è affatto dal punto di vista dell'innovazione.

Oltre a questo, Microsoft e Sony si sono costruite nel tempo un target molto diverso da quello che popola i giochi in flash di Facebook, più vicini forse alla piattaforma Wii di Nintendo. Piattaforma però che ha visto uno scarsissimo supporto per gli indipendenti e le piccole case, e dove Wiiware è ancora una barzelletta: se Zynga ha appena annunciato Farmville per iPhone e non per Xbox, un motivo c'é.


Come giudicate la recente apertura di MySpace al mondo dei videogiochi?

MySpace è un morto che cammina e che sta cercando di recuperare gli anni persi a crogiolarsi sugli allori mentre Facebook studiava e implementava le migliori politiche e strumenti sociali possibili.
Come sviluppatore attualmente non ho alcun interesse a sviluppare integrazioni o men che meno titoli sulla nuova piattaforma MySpace.


Potete dirci qualcosa di più sulla piattaforma Numen?


Numen è una piattaforma molto generica per la costruzione di giochi di corse. Comprende editor, tool e presto arriveranno tante altre cose. Si integra poi in maniera nativa alla nostra piattaforma di publishing di giochi online, Galaxy. Nasce per soddisfare le esigenze di un moderno Free to Play: connettività totale, connessione ai social, tutti i dati centralizzati, login e transito di dati sicuri e gioco pensato per essere un web-companion.

Quali sono i vostri modelli nell'ambito dei giochi di corse e quali le vostre fonti di ispirazione per quanto concerne Victory: The Age of Racing?

La serie Formula 1 Grand Prix di Geoff Crammond è il nostro punto di riferimento. Un vero racing ma accessibile a tutti, siamo stufi delle auto che sembrano hovercraft di Need for Speed e soci, stufi di giochi di corse super casual in cui tieni premuto il gas dall'inizio alla fine. Stufi di vedere giochi di "corse" in cui si spara agli avversari, si distruggono le piste, si passa più tempo a guardare quanto è bello il replay che correre.

Pensiamo che ci sia ancora spazio per la simulazione automobilistica se fatta intelligentemente, non ci interessa un approccio super hardcore, ma cerchiamo piuttosto una giusta via di mezzo: gare brevi, circuiti divertenti, fisica realistica, ma facile da usare. Grazie anche alle nostre politiche sui controlli e gli aiuti, crediamo di esserci riusciti.

La serie F1 GP ha fatto correre tanti utenti che poi non hanno più giocato ad altri simulatori, perché troppo tecnici o troppo poco racing: vogliamo riportare le vere gare di corsa agli utenti a cui piace il brivido della pista, un multiplayer vero, con collisioni vere, dove staccare mezzo metro dopo e uscire dalla curva davanti regala quell'emozione che pochi altri generi riescono a dare.

(continua e si conclude al seguente link.)

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