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La smaterializzazione del prodotto (parte 2)
Continua e si conclude lo speciale in due parti 'di Fabio Viola sulla smaterializzazione del prodotto: potete consultare la prima metà al seguente link.
Ogni titolo è disponibile gratuitamente e solo successivamente gli utenti potranno optare per l’acquisto di moneta virtuale spendibile per migliorare le proprie prestazioni nel gioco, ottenere Virtual Goods e accedere a servizi/aree esclusive. Lo svantaggio per un publisher digitale è quello di non poter contare sin dal primo giorno di rilascio su una fonte di reddito chiara e sicura, controbilanciato dalla possibilità di accedere facilmente a un bacino enorme di utenza (Zynga conta oltre 100 milioni di utenti al mese spalmati su una quindicina di social game) sul quale andare a compiere azioni di monetizzazione che solitamente portano a un ARPU (Average Revenue Per User ovvero la media dei soldi spesi da ciascun utente nel dato prodotto), vicino a 0.2/0.3 dollari su Facebook e un ancora più performante 0.4/0.5 dollari su MySpace.
Man mano che il bacino di riferimento si assottiglia si tende ad avere un ARPU maggiore. Col passaggio dai social game agli MMO in stile Second Life, Club Penguin o IMVU si passa da un range <1 a uno >1 fino a giungere nell’ordine dei >40 nel mondo console, dove di contro il bacino massimo di utenti raggiungibile sono i 70 milioni del Nintendo Wii.
PROMOZIONE
Lanciare un gioco per console o PC richiede budget importanti se si vuole emergere ed entrare nelle chart di vendita. Innanzitutto un’importante campagna stampa, seguita poi da attività di marketing sia presso l’utente finale sia nei punti vendita per invogliare a investire decine di euro. Per Modern Walfare 2, Activision ha stanziato un budget marketing vicino ai 30 milioni di dollari (è incluso anche il costo di pacchettizzazione) per tagliare il traguardo di 8 milioni di copie vendute nei primi 5 giorni, divenendo di fatto il miglior lancio videoludico della storia addirittura meglio di qualsiasi debutto cinematografico.
Sommando costi di produzione, marketing e distribuzione si arriva vicino all’iperbolica cifra di 200 milioni di dollari per un solo videogioco, al pari delle migliori pellicole, ma è anche vero che gli analisti prevedono un fatturato complessivo vicino al miliardo di dollari (appena superato, ndR) grazie a circa 20 milioni di copie che saranno vendute globalmente.
Nel mondo digitale il processo di discovery di un prodotto avviene tramite strumenti offerti dalle stesse piattaforme ospitanti. Su Facebook le notifiche, la funzione Invita Amici, e lo streaming di gioco nel proprio profilo aiutano la viralità del prodotto permettendo un veloce passaparola e l’adozione senza bisogno di sostanziali input esterni. In piattaforme come App Store di Apple, il gioco si fa conoscere attraverso una serie di chart basate sui download (la famosa TOP 100 generale o divisa per categoria e sottocategoria) o nella Vetrina delle Novità, dove finisce ogni gioco appena rilasciato.
Ovviamente anche il marketing e le PR assumeranno e stanno già assumendo un peso specifico via via più importante ma andando a guardare le attuali TOP 20 trovano posto prodotti realizzati da start up senza fondi da stanziare. I big publisher come Playfish e Zynga stanno investendo massicciamente in advertising direttamente sul canale distributivo. Non vedrete mai pubblicità su siti internet, riviste cartacee o TV, ma tutto il budget viene investito per acquisire clienti immediatamente abili a installare il gioco.
Infine merita un capitolo a se stante il fattore “brandocrazia”. In ambito Console/PC il brand rappresenta spesso la chiave di accesso verso buone vendite. Sequel di sequel, franchise famosi nel mondo fumetti/cinema rappresentano la filosofia dell’ “hit driven”: un successo tira l’altro rendendo difficile l’ingresso di IP originali. Namco sarà più propensa a rilasciare Tekken 7 piuttosto che una nuova creazione, perché quest’ultima troverebbe difficoltà a fare breccia nei cuori degli hardcore gamer e negli scaffali dei negozi dove verrebbe messo in un cantuccio lontano dall’alta pedonabilità. Nel gaming 2.0 il brand ha un potenziale molto minore: se andiamo a vedere le classifiche di dicembre 2009 su Facebook, Myspace, iPhone e Android (i 4 sistemi aperti più gettonati al momento), i brand rappresentano il 20% dei prodotti, arrivando a percentuali sotto il 10% su Facebook, dove compare solo Bejeweled nella Top 10. Qui, trattandosi di un non giocatore, il focus si sposta sul concept, sulla capacità di suscitare emozioni e di interazione con l’ambiente circostante.
La frammentazione delle imprese italiane e la quasi totale assenza di venture capitalism ci hanno da sempre precluso, salvo rare e lodevoli eccezioni, la competizione nel palcoscenico mondiale del gaming “tradizionale”. Proprio l’avvento di queste nuovi ‘Ecosistemi Aperti’ è in grado di fornire uno sbocco creativo e commerciale a basso costo verso un’audience internazionale.
A cura di Fabio Viola
BIOGRAFIA
Fabio Viola è attualmente fondatore di due società operanti nel mondo del digital entertainment, Mobile Idea srl e DigitalFun srl, portando quest’ultima a essere incubata da Ericsson dopo essere stata eletta tech start-up dell’anno nel 2008. Oltre al lavoro si dedica all’insegnamento, essendo curatore del modulo mobile & social nel Master in Digital Entertainment presso l’Università IULM.
Attualmente è alle prese con la progettazione di una nuova start up sul gaming 2.0: investitori e menti eccelse fatevi avanti ^_^
LINKEDIN PROFILE: http://it.linkedin.com/in/fabioviola
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