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Giochi da grandi
Quando si parla di infanzia, il cinema diventa immediatamente molto guardingo. Il cinema horror, poi, si trasforma in un vero e proprio “territorio minato”.
Il filone del “bambino demone” iniziato in grande stile da L’esorcista e “cavalcato”, con risultati altalenanti, per tutti gli anni Settanta ha infranto, in qualche modo, il sacro tabù (soprattutto all’interno del cinema hollywoodiano Mainstream) che vede i bambini vivere una condizione privilegiata, estranea, quasi in maniera astratta, da morte e violenza. Persino in un classico di ottima fattura come Il giglio nero (1956, di Mervyn LeRoy) gli atti violenti e criminosi commessi dalla piccola psicopatica protagonista sono perlopiù suggeriti, in un certo qual modo “filtrati” da determinati device narrativi. Uno dei primi indipendenti americani ad aver mostrato la morte di una bambina in modo chiaro, diretto e senza compromessi è stato il Divino John Carpenter che, in Distretto 13-Le brigate della morte (1976), filma la morte della piccola Katy (pallottola alla gola) frontalmente e senza stacchi di sorta. Altro esempio di onestà priva di scrupoli moraleggianti è Come si può uccidere un bambino (1976), capolavoro in cui Narciso Ibanez Serrador trasforma la popolazione infantile di una tranquilla isola spagnola in una banda di pericolosi assassini a sangue freddo: anche in questo caso “la morte” non viene evitata ma, al contrario, affrontata di petto. Chi, invece, non ha dimostrato tale coraggio è Max Kalmanovicz, il quale nel 1980, in The Children, racconta di una centrale nucleare difettosa che trasforma un gruppo di bambini in zombi radioattivi assassini: poco più di una farsa di paese.
A distanza di 30 anni, l’inglese Tom Shankland (WAZ) mette in scena una sorta di remake del film di Kalmanovicz ottenendo, però, risultati diametralmente opposti. La storia, scritta da Paul Andrew Williams (The Cottage) vede una coppia con due figli recarsi in visita da alcuni parenti (un’altra coppia con tre figli) per passare il Natale. Dopo un po’ di tempo, i bambini cominciano a comportarsi stranamente e a stare male; i genitori non danno molto peso alla cosa fino a quando i “pargoletti” non iniziano a farli letteralmente fuori, uno per uno. L’idea geniale dello script di Shankland e Williams è quella di non spiegare mai il perché del mutamento (viene suggerita la possibilità di un virus, ma è solo una delle ipotesi) ma di, al contrario, trasformare in modo brusco e repentino una situazione di idilliaca tranquillità famigliare in un incubo ad occhi aperti. Nonostante, infatti, ci si aspetti l’elemento “bambino mostro”, si rimane spiazzati guardando The Children e, questo, è il miglior risultato che un regista possa ottenere. Shankland, che non risparmia violenza estrema e colpi di scena che i soliti noti potrebbero definire “di cattivo gusto”, dissolve le nostre certezze di spettatore costringendoci a desiderare la morte (anche se non si riesce mai fino in fondo) di una deliziosa bambina mora con le treccine che ha appena ucciso la propria madre conficcandole una matita nell’occhio. Proprio come nel “gagliardo” cinema horror degli anni Settanta, The Children non ammette compromessi e ci trascina, di un fiato, al suo inquietante finale (forse l’omaggio più esplicito a Serrador). E noi, in Italia, ci guardiamo Imago Mortis.
cattivo, divertente e senza compromessi
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film: The Children genere: Horrordata di uscita:TBApaese:UKproduzione:Vertigo Filmsregia:Tom Shanklandsceneggiatura:Tom Shankland, Paul Andrew Williamscast:Eva Birthistle, Stephen Campbell Moore, Jeremy Sheffield, Rachel Shelley, Hannah Tointon, Raffiella Brooks, Jake Hathaway, William Howes, Eva Sayerfotografia:Nanu Segalmontaggio:Tim Murrellcolonna sonora:Stephen Hiltondurata:84 min
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