Taiwan, 1954. Un ufficiale dell'aereonautica è sposato con una bella donna, dalla quale ha avuto due graziose bambine. La famiglia trascorre una vita spensierata e relativamente agiata, fino al momento in cui si viene a sapere che l'uomo ha volato in segreto sopra la Cina. In realtà lo ha fatto per far fare una gita in alta quota alla figlia, ma le autorità taiwanesi lo accusano di aver venduto delle informazioni ai comunisti, imprigionandolo per poi giustiziarlo senza processo.
Ispirato ad una delle molte tragiche vicende familiari consumatesi in Taiwan negli anni del “Terrore Bianco”, durante i quali alcune migliaia di persone furono accusate ingiustamente di essere spie comuniste, Prince of Tears si alimenta insospettatamente di toni pomposi e superficiali (si pensi anche solo al costante e retorico accompagnamento sonoro della voce fuori campo). Il film vorrebbe farsi epico nel raccontare un periodo nerissimo della storia cinese, ma è solo noioso e pretenzioso, non riuscendo mai ad appassionare nel narrare la grande sventura che si abbatte su una famiglia come tante altre, improvvisamente sconvolta dalla repressione militare anticomunista.
Il film di Yonfan non riesce ad essere né un grande affresco su un determinato periodo storico, né tanto meno un ritratto intimistico degno di interesse su una famiglia distrutta dalla politica repressiva del proprio paese. Prince of Tears, comunque, non funziona affatto neppure dal punto di vista stilistico. In particolar modo saltano agli occhi i numerosi ralenti, esteticamente di cattivo gusto e privi di qualsiasi tipo di logica narrativa. Addirittura si arriva a fare ripetutamente uso di questa tecnica per riprendere un uomo che si accende un sigaro o una donna che beve da un bicchiere. Se l'intento era quello di donare un'aura sospesa e mitica alle vicende narrate, l'obiettivo non è stato certo raggiunto.
Decisamente imbarazzanti poi gli ultimi 10 minuti del film, in cui in modo melenso si mette in scena il sogno della moglie del protagonista, che vorrebbe a tutti i costi tornare indietro alla sua vita precedente. Con la terza giornata, arriva il primo brutto film in concorso di questa 66a edizione della Mostra di Venezia.
Due ore di proiezione che pesano come un macigno
|
|