Probabilmente seguace del noto detto "Peace and Love", la regista Pipilotti Rist decide di lanciarsi nella psichedelica e titanica impresa di risvegliare un intorpidito mondo grigio dominato dall'etichetta, rivoltandolo in lungo e in largo e riempiendolo solo di caos e colori. Ad aiutarla ci sarà la spregiudicatezza della controversa protagonista Pepperminta.
La ragazzaccia dai capelli rossi (un misto tra una Pippi Calze Lunghe e un Gian Burrasca in versione hippie), ne combina letteralmente di tutti i colori, andando in giro per le città a reclutare discepoli e a diffondere il proprio "allucinogeno" verbo nei luoghi più istituzionali. L'insistenza sul ritorno ad un contatto con la natura e con il proprio corpo e l'esaltazione dei colori e di "particolari" esperienze come mezzi per ritrovare l'armonia e la felicità perduta, ci riportano direttamente alle atmosfere dei rivoluzionari anni Sessanta, di cui la regista sembra voler ripercorrere qui utopie e anche estetiche.
Del resto il modo di giocare con l'immagine cinematografica ricorda molto certo cinema sperimentale americano degli anni Sessanta, che però aveva raccolto risultati decisamente più convincenti di questo patinato e un po' sciocco esperimento di videoarte. Un'ora e venti di perigrinazioni compiaciute e ripetitive in mondi astratti non fanno certamente del film un'opera d'arte, ma solo una ingenua provocazione che dopo qualche minuto lascia il tempo che trova abbandonandosi ai vari personali divertissment dell'autrice, alcuni dei quali comunque di indubbio fascino cromatico.
L'intento di Pepperminta di liberare il mondo dalle sue paure può dichiararsi dunque fallito.
80 minuti di colori, strani intrugli e sgargianti visioni in perfetto stile hippie. Una dose di LSD sarebbe stata molto meglio.
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