Contro ogni pronostico (girava voce di un eventuale Kiarostami, Makhmalbaf & co.),è di Brillante Mendoza il secondo film a sorpresa della 66a Mostra del Cinema di Venezia.
Mai come io questo caso, il titolo anticipa la visione: non fatevi sviare dal filippino Lola, la sua traduzione è Nonna. Quella che incontriamo sin dai primi, poetici, minuti del film, dove un bambino si aggira per la strada mano per mano con una vecchia signora dall'ombrello malridotto. Si fermano d'un tratto e accendono un cero per la morte di un familiare, accoltellato dopo esser stato rapinato.
Così, mentre una nonna si affanna a considerare le mille offerte che le vengono proposte, fra funerali e quant'altro -quasi a dire che un essere umano vale più da morto che da vivo, almeno in termini di affari - e si occupa del processo, un'altra si dispera e adopera altrettanto per salvare il nipote assassino.
Vittima e carnefice non esistono più, ci si concentra piuttosto sul senso di protezione di queste seconde madri, pronte a superare qualsiasi problema (economico in primis, tanto che entrambe ricorrono a prestiti) pur di aiutare i propri nipoti.
Il problema vero del film di Mendoza è che la trama si esaurisce qui e il ritmo narrativo, diluito fino all'estenuante, non può che risentirne. Interessanti gli spaccati di vita quotidiana (le scene in carcere, quelle sul fiume etc.), ma se il tempo narrativo e quello effettivo s'incontrano, ci si perdoni un po' di sano cinismo nel dire che due ore a seguire i movimenti di due povere vecchie, pur tenere nei loro sforzi infiniti (ma il ricatto morale in questo film, fra bambini poveri e vecchie malridotte è sempre in agguato), fino al fatidico processo, sono decisamente troppe.
Noioso, lacrimevole, piatto: mezzo colpo di scena, tanto per svegliarsi, si può avere?
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