Anteprime

Life During Wartime

Sorriso amaro

[del 03/09/2009] [di Maurizio Ermisino]
“L’avete fatto?” “Sì.” “Com’è stato?” Così normale!”. Mettete un senso di soddisfazione nel modo di pronunciare la parola “normale” e capirete cos’è Life During Wartime, e che cos’è il mondo di Todd Solondz. Il dialogo è tra due sorelle: Joy e Trish. Trish le sta raccontando del suo nuovo amore, che corona la sua nuova vita dopo aver scoperto che il marito è un pedofilo. Joy invece ha appena lasciato il marito Allen, neanche lui guarito da un suo peculiare “disturbo”. Ed è per questo che la parola “normale” acquista un senso tutto particolare, che porta lo spettatore a sorridere.

Ma è un sorriso amaro, a denti stretti. Un sorriso per non piangere. Nello spietato affresco familiare di Solondz, sequel e variazione sul tema di Happiness, i personaggi si dicono cose terribili. Sono i tempi e i modi in cui le battute vengono dette a far scattare un mezzo sorriso, a creare lo straniamento tra parole ed espressioni, e tra parole e situazioni. È una sceneggiatura intelligente, quella di Solondz, che mette in scena un’umanità serenamente disperata. Il film è formato da una serie di quadri che propongono quasi sempre situazioni a due (oltre alle due sorelle si vedono i loro mariti o compagni e i figli di Trish), quasi sempre al tavolo di un ristorante o in una cucina. È un altro modo per rapportarsi con il “normale”. Luoghi dove quasi sempre avvengono atti e discussioni di circostanza sono teatro di confessioni spesso drammatiche.

È un tema, quello della normalità, che torna spesso nel cinema indipendente americano. Dove al sostantivo “normale” viene sempre appiccicato l’avverbio “apparentemente”. Era apparentemente normale la vita del paesino di Velluto blu di David Lynch, e quel giardino con i fiori sotto i quali a uno sguardo più attento proliferavano minacciosi insetti. Era apparentemente normale la famiglia Burnham di American Beauty, nella casa costellata di rose rosse. E potremmo andare avanti a lungo. Anche Life During Wartime è un film tutto basato sul contrasto. I suoi colori accesi sono accesi solo esteriormente. Se potessimo vedere il colore dell’animo delle persone probabilmente sarebbe nero come la pece. Così come il loro tormento interiore stride con la quiete degli scenari ovattati tipicamente middle-class in cui vivono.

Tutto questo contribuisce a uno straniamento continuo. Ed è quello che rimane all’uscita da un film intelligente ma a modo suo disciplinato, nel senso che rimane nei binari di un certo cinema indipendente americano. È un film che riesce a cogliere nel segno per alcune situazioni, ma forse non nel risultato globale: probabilmente non è un film che lascerà una grande traccia. La traccia, tra gli americani, l’ha lasciata invece la guerra all’Iraq. Quella guerra che non è al centro del film, ma torna spesso a ricordarci l’epoca buia in cui è ambientato (da qui il titolo "la vita in tempo di guerra"). Una guerra che finisce per influenzare anche le persone. Che però sono alle prese con una guerra molto più dura. Quella all’interno di se stessi.

Spietato affresco familiare, intelligente ma pur sempre nei binari classici del cinema indipendente americano.

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Life During Wartime film: Life During Wartime genere: Comedy, Dramadata di uscita:16/04/2010paese:USAproduzione:Werc Werk Worksregia:Todd Solondzsceneggiatura:Todd Solondzcast:Shirley Henderson, Ciarán Hinds, Chane't Johnson, Allison Janney, Ally Sheedy, Chris Marquette, Gaby Hoffmann, Charlotte Rampling, Paul Reubens, Michael K. Williamsfotografia:Edward Lachmanmontaggio:Kevin Messmandistribuzione:Archibalddurata:96 min brain factor:

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