Una premessa su come funziona la «cosa cinematografica» in Italia.
Se un attore o un’attrice, dal passato indiscutibilmente glorioso, viene «folgorato» dalla lampeggiante fiamma della creatività registica, decidendosi a girare un film, troverà senza dubbio chi gli offrirà i mezzi (economici e tecnici) per realizzare tale sogno. Destino molto diverso da quello che attende tanti giovani registi italiani di talento, che frequentano l’underground dell’audiovisivo, collezionando cortometraggi e premi, ma che non troveranno mai, salvo rare eccezioni, la via che possa condurli alla sala cinematografica, finendo con l’arricchire le fila del precariato.
Azzardiamo un paragone con Hollywood, industria cinematografica che, pensiamo, non ha nulla da invidiare a quella del nostro Belpaese. Lì un attore, una star internazionale del calibro di
Heath Ledger stava studiando per tentare il «salto» dietro la macchina da presa. Realizzava corti e video indipendenti in modo da sentirsi all’altezza di quel suo sogno, spezzato da una morte prematura.
Occorre, tuttavia, riconoscere a
Stefania Sandrelli la fatica per aver dovuto superare gli ostacoli e le resistenze di un paese, il nostro, sicuramente poco galante nei confronti delle donne, oggi molto più di ieri. E il pregio dell’aver optato, umilmente, per un’idea di cinema molto rassicurante, «a conduzione familiare», circondandosi di familiari e amici a protezione di quel sogno, ingenuo, sincero e appassionato quanto quello di Ledger.
Ora passiamo al film.
Cristina da Pizzano (Amanda Sandrelli) è una donna sola, catapultata, con i suoi due figli, in una condizione di miseria all’interno di un contesto, il Medioevo francese, irreggimentato da privilegi e consuetudini secolari. Gabbie all’interno delle quali si dimenano, senza speranza, i derelitti e i dimenticati di quel mondo ingiusto cui lei, grazie a un dono scoperto per caso, con la complicità di un menestrello irriverente e perennemente ubriaco che ha il volto e il trascinante carisma di Alessandro Haber, proverà a dar voce con le sue poesie. Andrà incontro, per questo, a contrapposizioni con la cultura del tempo, estranea all’idea di una donna capace di confrontarsi alla pari con il presuntuoso patriarcato imperante, ma anche al ricordo perenne da parte del femminismo globale.
Supportato da un cast di livello, composto anche da attori provenienti dal teatro troppo spesso dimenticati dagli autori cinematografici, tra cui spiccano il già citato Haber e Roberto Herlitzka, Christine Cristina avrebbe tutte le carte in regola per rivelarsi un piacevole esordio registico per un’attrice dalla carriera luminosissima.
Ci riesce? Purtroppo no.
La confezione è pregiata (costumi e scenografie all’altezza) ma ciò che la riempie, dialoghi e sceneggiatura (ma anche la performance di certi attori, Alessio Boni su tutti, cui tocca anche la battuta più infelice del film, “Sono diviso tra Cristo e Cristina”, dopo la quale, forse non casualmente, lo accoltellano…) è tanto prevedibile da risultare fastidiosamente banale, a fronte di una vicenda e di una donna ben lontani dall’esserlo. E questo è, probabilmente, il peccato più grave compiuto nell’operazione della Sandrelli, la quale dimostra di non avere la forza dell’esperienza necessaria per affrontare fino in fondo le tematiche sollevate dalla vita di quest’affascinante personaggio, incredibilmente attuale, in un’Italia segnata, oggi, da un maschilismo gretto e immorale. Il suo film si ferma alla superficie della forte carica provocatrice di Christine, tanto «rumorosa» da costarle addirittura una condanna a morte, scampata, per così dire, solo perché preceduta dal decesso per cause naturali della poetessa.
Finisce quando dovrebbe cominciare, si limita al racconto "piccolo" (termine non per forza dispregiativo e spesso utilizzato, non a caso, dalla regista per descrivere la sua pellicola) che diventa, però, povero, sia per stile della messa in scena sia per, cosa ancor più grave, potenza narrativa.
Un racconto, in definitiva, troppo vicino allo sceneggiato televisivo degli anni ’50 (o alla fiction scadente di oggi) per meritare la ribalta cinematografica.
Da vedere solo su Rai Uno!
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