Baksy

Dalla regista dell’apprezzato Mongol, Gulshat Omarova, arriva un film molto particolare ambientato in Kazakhistan. La storia è quella di Aidai, una sciamana cacciata dalla sua terra per mano di un gruppo di speculatori, che in accordo con la polizia e la malavita del posto vogliono costruire proprio in quel punto del territorio un distributore di benzina. Il film possiede molte sfaccettature, da una più ironica a un’altra più tragica, da una più concreta ad un'altra spiccatamente visionaria, ma in ogni momento la regista riesce ad amalgamare bene tutte queste componenti, facendo respirare (soprattutto nella seconda parte del film) tutta la magia di questa donna in perenne contatto con la terra, la natura e gli spiriti dei morti, dai quali trarrà la forza per dare vita alla sua tremenda vendetta.

Baksy prende lentamente le vie di un thriller, ma raggiunge il suo apice nel bellissimo onirico e delirante finale, in cui a ritmo di musica pop si celebra nel deserto sconfinato un rito di riesumazione e di contatto tra mondo dei morti e mondo dei vivi. Se infatti da una parte il film denuncia la realtà dei poveri contadini, sempre più schiacciati da un sistema capitalistico oppressivo e dal potere di ricchi dispotici e indifferenti, dall’altra è soprattutto un omaggio nostalgico alla terra kazaka e un invito a riscoprire la magia primordiale che ci lega alla terra su cui viviamo e che sembriamo ormai aver smarrito per sempre.

Film visivamente potente e solido sul piano narrativo.