L'amore dura tre anni: Recensione

Di   |   01 Luglio 2012
L'amore dura tre anni: Recensione

Così tanto???

 

Più che interrogarsi su quanto duri l'amore, bisognerebbe piuttosto chiedersi cosa esattamente sia questo potente sentimento che si impadronisce di cuore, cervello e (soprattutto) parti deputate alla riproduzione, fonte infinita e insostituibile per letteratura, cinema, musica e ogni altro tipo di arte. La commedia francese L'amore dura tre anni, tratta dal fortunato romanzo omonimo dello stesso regista, si pone come obiettivo di dare una risposta al solo problema della durata.

Introdotto da una dichiarazione di Charles Bukowski (ma il film non potrebbe essere più lontano dalla poetica dell'alcolico scrittore), ci racconta la vicenda di Marc, critico letterario e cronista mondano convinto da suoi traumi personali (di cui in parte è responsabile) che il volatile sentimento non duri appunto più di un migliaio di giorni. Chiaro che (anche in fretta fra l'altro) troverà quella che gli farà cambiare idea. Certo non è dato sapere per quanto. Ma, come meravigliosamente si diceva nel finale di Blade Runner: "Non sapevo per quanto tempo saremmo stati insieme. Ma chi è che lo sa?". Pur fra mille luoghi comuni e gag prevedibili, con quella leggerezza tipica del cinema francese, qui un po' forzata, qualche piccola perla di saggezza salta fuori, anche se nel complesso niente di nuovo ci viene comunicato. Se non che per permettersi le follie dell'amore è indispensabile praticare mestieri creativi che lasciano molto tempo libero e concedono una certa larghezza di mezzi (a meno di essere semplicemente ricchi di famiglia). I protagonisti di questo genere di storie infatti non hanno mai cartellini da timbrare o problemi economici. Non che questo garantisca loro la felicità, almeno a vedere i film, ma a questo punto ben gli sta.... Una migliore scelta del cast avrebbe giovato alla riuscita del film, perché il protagonista, quasi esordiente sul grande schermo, è Gaspard Proust, interprete poco attraente e altrettanto poco simpatico. Louise Bourgoin (Adele e l'enigma del Faraone) è l'oggetto della sua passione. Joey Starr (Polisse) è l'amico viveur, che riserverà qualche sorpresa. Starr è protagonista di una breve scena, che sarà apprezzata dai cinefili. Insieme al grande compositore Michel Legrand (Les Parapluies de Cherbourg oltre a una schiera di altri titoli indimenticabili) canta la bellissima e dimenticata (come il film dal quale è tratta, Il Caso Thomas Crown) The Windmills of Your Mind, che insieme con un paio di altre belle canzoni fa da piacevole colonna sonora al film.

Giudizio

  • Lelouch non abita più qui
  • 5/10