Marley: Recensione

Di   |   01 Luglio 2012
Marley: Recensione

Il potere della musica

 

Kevin McDonald porta sullo schermo la vita, la musica, le gesta e la morte di Bob Marley, personaggio di notorietà universale, la cui fama a 31 anni dalla sua precoce scomparsa non accenna a diminuire, mentre continua a fare proseliti. Solo a McDonald, stimato regista e documentarista (Un giorno a settembre, La morte sospesa, L'ultimo re di Scozia, State of Play) la Famiglia Marley ha concesso l'utilizzo del materiale privato in loro possesso esclusivo. Avremo così tantissime immagini e filmati inediti, moltissime sequenze di concerti, fra cui due epocali: uno nel 1980 per la celebrazione dell'indipendenza dello Zimbabwe e l'altro nel 1978 in Giamaica, quando Marley aveva fatto unire le mani ai rivali politici Michael Manley e Edward Seaga, in un momento di grandissima tensione sociale. Il film scorre nel succedersi di interviste a personaggi che hanno rivestito ruoli importanti nella sua breve esistenza, oltre alla moglie Rita e ai figli Cedella e Ziggy, sono molto suggestive e interessanti le dichiarazioni di Bunny Livingston dei The Wailers, della ancora bella Cindy Breakspeare, ex Miss Mondo del 1976, una delle amate da Marley, di Chris Blackwell della Island Records e quelle di un paio di cugini, fra cui uno "ignaro" bianco.

A interessare, nel ritratto del personaggio, è l'incrollabile volontà a liberarsi dalle pastoie di un'infanzia poverissima e discriminata in quanto sangue misto, figlio di padrone bianco che controllava le piantagioni a cavallo, approfittando nel frattempo delle lavoranti più giovani e carine. Dopo un'infanzia poverissima, respinto naturalmente dalla famiglia "bianca", Marley, sempre sorretto dall'amore della madre, ha capito che alla sua situazione si poteva sottrarre solo con la forza di volontà e con l'arte, iniziando una lenta ma inarrestabile ascesa alla popolarità e al successo, nel corso della quale ha maturato anche il suo credo politico-esistenziale. Spesso le rockstar hanno un impatto sul pubblico degli appassionati che trascende il semplice discorso musicale e Marley con il suo messaggio di fratellanza, tolleranza e pace è diventato, non solo in Giamaica e soprattutto in Africa, un riferimento culturale, un modello per chi faccia della solidarietà e dell'impegno sociale la propria bandiera. Sull'approvazione del personaggio pesano poi ovviamente altri giudizi, oltre al gradimento della sua musica. Anche a chi non piacesse il reggae, potrà infatti interessare la parabola umana di questo personaggio, mitizzato ma con i suoi lati discutibili, e non parliamo affatto della droga ma del suo rapporto (dispotico) con il suo entourage e con le donne (le gradiva sottomesse, non truccate e vestite semplicemente), collezionando in parallelo alla moglie una schiera di vere e proprie concubine, che in tutto gli hanno dato 11 figli. Si sa comunque che le rockstar, così come tanti comuni mortali, hanno vite movimentate. Lascia più perplessi la sua adesione alla religione rastafariana, che certo ha indirizzato le scelte politico-sociali di cui dicevamo, debordando evidentemente anche nella vita privata con atteggiamenti di un certo integralismo, che male si sposano con la libertà assoluta con cui lui conduceva la sua vita. Il Rastafarianesimo (che come tutte le religioni ci lascia indifferenti) è un movimento spirituale e culturale, nato negli anni '30, versione religiosa del movimento politico nazionalista conosciuto come etiopismo. I principi cui si ispira sono l'autodeterminazione dei popoli e l'uguaglianza dei diritti, sempre nel rispetto della Dichiarazione dei diritti umani. Questa religione individua il proprio leader spirituale in Hailé Selassié (detto "il Leone di Giuda dell'Apocalisse"), negus d'Etiopia dal 1930 al '36 e dal 1941 al '74, presunto discendente di Salomone e della Regina di Saba. Personaggio dalla vita politica indubbiamente complessa e tormentata, è stato vittima col suo popolo dell'occupazione italiana durante la seconda guerra mondiale. Tornato al potere, ha modernizzando il paese, opponendosi ai locali latifondisti e promulgando la prima Costituzione nel 1955. Considerato il "difensore della fede", l'imperatore è però anche un simbolo religioso, identificato con il Messia nero, Cristo ritornato per regnare, incarnazione di Jah, il Dio supremo, che libererà le popolazioni nere dal male, nella rivendicazione delle proprie origini e nel rifiuto della dominazione colonialista. Nulla da ridire sul valore del messaggio di Marley (il film si interroga di sfuggita sulla scarsa penetrazione di Marley nella parte black della popolazione americana ed europea, senza dare una risposta soddisfacente), sulla sua ascesa da posizioni assai disagevoli. Lasciano così più scettiche altre posizioni, come spesso accade per le figure entrate nella storia, splendide nel pubblico, più opache nel privato. Ma queste sono considerazioni personali, riflessioni suscitate da un ottimo documentario, che pur rispettoso, non tralascia nessun aspetto della vita del suo soggetto, senza scandalismi inutili, lasciando allo spettatore formulare il suo giudizio sull'uomo oltre che sull'artista. Marley ha vissuto al massimo la sua vita breve (muore a soli 36 anni per un cancro sottovalutato) ma intensissima. Come diceva l'indimenticato Roy di Blade Runner "una candela che arde col doppio dello splendore brucia in metà tempo".

Giudizio

  • Obiettivo
  • 7/10