Il teatro, associato indissolubilmente alla compagnia di ballo, fondato nel 1825, dopo un incendio era stato ricostruito nel 1856 per l’incoronazione dello zar Alessandro II. Ma le sue origini si possono far risalire fino al 1773, ai tempi di Caterina II, nella creazione di una scuola di danza per orfani. Al naturale degrado causato dal tempo si era aggiunta l’incuria sprezzante dello stalinismo, che aveva gravemente compromesso tutta la costruzione, acustica compresa. Scomparso nel 2000 dall’elenco delle migliori cinquanta sale da balletto al mondo, chiuso nel 2005, è stato soggetto di un’epocale opera di restauro, molto chiacchierata per ritardi e presunti scandali legati alla corruzione (si parla di un costo di 700 milioni di euro), che si è conclusa con la riapertura dell’ottobre del 2011. Il Bolshoi ha formato una quantità di ballerini che hanno brillato di straordinaria luce nella storia della danza classica. Pesanti ombre però si sono addensate sulla famosa istituzione quando il gennaio 2013 l’allora direttore artistico Sergei Filin ha subito una feroce aggressione con l’acido, che lo ha lasciato semi-cieco. Le indagini hanno velocemente portato all’arresto di uno dei ballerini solisti dello stesso Bolshoi: Pavel Dmitrichenko, pare mosso da personali intenti vendicativi. Immediatamente il Cremlino (non dimentichiamo che il Bolshoi è teatro di Stato) ha nominato un nuovo direttore generale, Vladimir Urin, del Teatro Stanislavskij di Mosca, scelta che ha però scatenato nuovi conflitti, e che negli anni ha allontanato Filin, che al momento risulta addetto alla direzione dei giovani talenti. Il documentario HBO, che sarà distribuito da Nexo Digital nelle giornate del 2 e 3 maggio, con taglio quasi crime ripercorre gli eventi, con interviste a molti componenti del corpo di ballo (il Bolshoi gestisce due compagnie, per un totale di circa 120 ballerini). Senza dire sostanzialmente nulla di nuovo, senza approfondire più di tanto, anche perché la materia è delicata, come delicatissimo è il rapporto con il Potere che il teatro deve mantenere e ogni dichiarazione raccolta è sempre cauta e rispettosa. Quello che è chiaro è che in ogni modo si è consumato un regolamento di conti, forse solo personale, forse di un gradino più alto. La narrazione è scandita da aeree immagini di poetici passi di danza, che sembrano (solo sembrano) capaci di librarsi sopra le umane bassezze.