La Bella e la Bestia: Recensione

Di   |   17 Marzo 2017
La Bella e la Bestia: Recensione

 Io ti salverò

Quante cose fa Disney, film in CG con soggetti nuovi, con maggiore o minore impiego di musiche (si passa da Frozen, uso parco, a Oceania, uso più invadente); versioni in live action che riprendono vecchi film in animazione; rifacimenti in CG di sue vecchie storie in animazione tradizionale. Questa volta riprende un sempiterno classico, La Bella e la Bestia, favola di antichissime origini (si parla di Apuleio), la cui versione più popolare resta quella del 1756, scritta da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, che rielabora lo scritto di Madame Villeneuve del 1740.


Già film cult del 1991, primo esperimento di disegno realizzato al computer per la mitica Ditta, divenuto poi anche musical. La storia è notissima, da poco rivista nella versione con Vincent Cassel e Léa Seydoux, lui allora leonino e più simile all’indimenticabile classico del 1945 di Jean Cocteau con Jean Marais, mentre qui è il classico caprone (ricordiamo anche Beastly, versione più contemporanea, senza dimenticare il film tv con il grande George C. Scott del 1976 e la serie del 1987 con Linda Hamilton e Ron Perlman). Il rifacimento, che si prende qualche libertà rispetto alla versione in animazione, come il suo predecessore annulla però ogni carica sessuale (ma il target lo impone) e diventa un’altra storia di volitiva eroina al femminile, emancipata e troppo avanti per l’ambiente di villici ignoranti nei quali è costretta a vivere. Coraggiosa e indipendente, Bella rifiuta un pretendente belloccio e bullo, per fare una scelta davvero rischiosa. A conquistarla infatti, dopo le note vicissitudini, sarà la personalità della Bestia, la sua cultura e la sensibilità, che lo renderanno capace di lasciarla libera di scegliere (if you love somebody, set them free…già diceva Sting). Attrazione intellettuale e non sessuale, insomma, messaggio saggio e avveduto per le nuove generazioni, a contrastare Maria de Filippi e i suoi tronisti, almeno in Italia. CG non esaltante, né per l’espressività del volto della Bestia né per la naturalezza dei movimenti (e pure i lupi non sono un granché), spettacolari invece i paesaggi e tutto il castello, così come gli oggetti animati. Nel ritrovare nel finale tutti i volti del meraviglioso cast originale viene la tristezza, ripensando al doppiaggio italiano che ci fa perdere Ewan McGregor (il candelabro), Ian McKellen (l’orologio), Emma Thompson (la teiera), Stanley Tucci (il clavicembalo). Ma così è, in Italia ci si deve rassegnare (mai smettere di lamentarsi però), anche per la traduzione delle canzoni, lavoro faticosissimo che mai rende plausibili i movimenti delle bocche dei cantanti (non stiamo a sottilizzare sui labiali). Emma Watson fa la carina ammodo. Dan Stevens spiace vederlo solo pochi istanti alla fine ma del resto non avrebbe reso ugualmente, “travestito” da Prince Charming con pessima parrucchetta. Per capire che può essere bravo meglio cercare la serie tv Legion, o ricordarlo in Downton Abbey. Kevin Kline è sempre adorabile nel ruolo del papà; Luke Evans fa quello che può col personaggio peggio scritto, che subisce un’evoluzione da semplice fatuo imbecillone a vera carogna, capace di gesti di malvagità quella sì davvero mostruosa, altro che il Mostro vero. Josh Gad è il simpatico valletto, che pur dissentendo resta al fianco dell’amato (anche troppo) padrone. Insomma, i nostalgici del cartone (e del musical originale) saranno nel complesso contenti ritrovando musiche e scene clou, per gli altri ci sarà qualche momento di insofferenza, nella lunga parte introduttiva e anche durante qualcuno dei molti brani non memorabili. Una cosa però non possiamo perdonare. Il bacio che Bella si decide a scoccare finalmente alla Bestia quando la vede defungere, è in fronte, non si è avuto il coraggio di un bel bacio sulla bocca anche se pelosa. Chissà forse oggi non si permetterebbe più neanche il classico bacio del rospo.

 

Giudizio

  • Per fan
  • 6/10