Sovrastato dal desiderio di vendetta lascia Boston e, come emissario del boss italoamericano Maso Pescatore si reca in Florida, a Tampa, per curare gli interessi della Famiglia, aiutato da un fido amico d’infanzia. Joe è uno lungimirante e impone il suo potere con durezza solo se necessario, altrimenti tende a costruire fruttuose alleanze e a restare in buoni rapporti con potere locale e popolazione. Conosce così Gaciela, sorella di un trafficante cubano, e inizia una vita sempre criminale ma con inattese aperture di impossibile normalità. E’ costretto allo scontro con il KKK e trova un imprevisto ostacolo in una giovanissima predicatrice, una ragazza devastata dalla vita. In un turbine di eventi e personaggi, Joe si avvia verso un destino che in parte si è costruito, in parte è corredo inevitabile di una vita vissuta pericolosamente, in base alla legge della notte. E quasi si dimentica della sua vendetta. Ma non altri. Alle prese con la riduzione di un tomo di quasi 500 pagine, scritto da Dennis Lehane, pieno zeppo di personaggi e fatti, che copre una decina di anni della vita del protagonista e del paese, Ben Affleck, che scrive, dirige e interpreta, si è fatto prendere la mano dall’ambizione di fare un film di ampio respiro, con un ritratto di un’epoca e un’evoluzione dei molti personaggi che avrebbe necessitato forse di una miniserie tv. Joe Coughlin è un personaggio indubbiamente attraente per Affleck, nel suo groviglio difficile da dirimere fra bene e male, che è però troppo per la sua capacità recitativa, sulla quale tanto si discetta con sarcasmo spesso aprioristico. Ma qui, anche forse per difetto di scrittura, non riesce a definirlo bene, un ex ragazzo di buona famiglia, un fuorilegge per vocazione, che diventa capo di un’organizzazione criminale per necessità, troppo evoluto e moralmente sensibile per una vita di quel genere. Intuisce le potenzialità del gioco d’azzardo, come Bugsy Siegel a Las Vegas; comprende la necessità di buoni rapporti con il “mondo civile”; si scontra contro l’ottusa avidità dei gangster italoamericani, oscurati pure dall’inevitabile propensione al familismo; come agli inizi il Padrino, vanamente avversa il traffico di droga. Ma poco di tutto ciò affiora dagli splendidi doppiopetto in cui Affleck si rinchiude, con lo sguardo spesso messo in ombra dalla tesa di una serie di Borsalino da urlo. Quasi scorsesianamente, Affleck vorrebbe tracciare un affresco storico di un paese fondato sulla violenza, che solo attraverso la violenza procede, nel passaggio attraverso la crisi economica, il proibizionismo e la sua fine, con la necessità di trovare nuove fonti di guadagno, mentre il malaffare contribuisce al benessere economico di intere aree, permettendo di fare del bene attraverso il male. Lo spessore dei numerosi personaggi nel passaggio da pagina scritta a schermo si perde, data la mole del libro d’origine, e Affleck è costretto a fare massiccio ricorso alla voce fuori campo, per collegare la quantità di fatti che si susseguono, che però tutti restano slegati, messi in fila uno dopo l’altro. La vicenda procede e si assiste senza particolari palpiti, finché a circa tre quarti il film si rianima e diventa ciò che aveva voluto essere fin dall’inizio. La legge della notte è un film che, per essere coinvolgente, avrebbe dovuto essere più stringato, più breve (dura poco più di due ore), mentre per riuscire ad essere davvero appassionante, avrebbe dovuto durare molto di più, ma come film era impossibile. Splendida messa in scena di un mondo fascinoso, che il cinema ha saccheggiato e qui formalmente viene rimesso in scena con estrema cura, negli abiti e nelle ambientazioni, nelle macchine e nelle armi, con una sfilata di abiti e cappelli fin troppo impeccabili. Tutti immersi nella calda luce di Robert Richardson, sulle musiche di Harry Gregson-Williams. Gran cast, oltre ad Affleck troviamo Sienna Miller (l’amante), Zoe Saldana (l’amata), Brendan Gleeson (il padre), Elle Fanning (la predicatrice), Chris Cooper (il padre di lei), Remo Girone (il boss mafioso), Chris Messina (l’amico fedele). Peccato quindi, davvero peccato perché manca quel quid per fare di La legge della notte un film memorabile, pur non essendo un completo fallimento.