La città ideale: Recensione
Di Giuliana Molteni | 11 Aprile 2013La verità vera e la verità narrata
Michele è uno che mira all'impatto zero. Ecologista convinto, per lavarsi usa acqua piovana, produce la poca energia elettrica che consuma pedalando su una cyclette, non usa automobili. Raccatta anche le cartacce che trova e le odiate cicche di sigaretta. Vive a Siena, per lui la città ideale, dopo essere emigrato dalla natia Palermo. E' un architetto rispettato dai clienti, malvisto dai colleghi, in genere incompreso. Perché il limite del giovane uomo sta nella comunicazione. Troppo sincero e diretto, troppo convinto che dire sempre la verità sia la soluzione migliore. Questa tendenza del gentile anche se leggermente eccentrico personaggio, lo porta in una situazione suscettibile di pesanti conseguenze. In una notte buia e tempestosa si trova coinvolto nell'investimento di un noto professionista della città. Michele è del tutto innocente, ma chiama lui i soccorsi, restando così impigliato nelle maglie della "giustizia".
Il suo atteggiamento, del tutto sincero, la sua personalità, che dovrebbe sembrare lineare, non convincono gli inquirenti, la stampa si avventa, il paese è piccolo e la gente mormora. Michele ci rimette il posto e sta per rimetterci anche di più. Perché a fare le cose come vuole lui, correttamente, dall'alto della sua buona fede, si rischia moltissimo. Una ben costruita menzogna certe volte è di gran lunga preferibile alla confusa verità. Alla sua prima regia, autore anche della sceneggiatura, Luigi Lo Cascio si circonda di un cast di qualità. In piccoli ruoli troviamo Catrinel Marlon, la giovane, altissima pittrice, la mamma sicilianamente dolente Aida Burruano, l'inquirente che diffida Alfonso Santagata, l'allevatore di cavalli Roberto Herlitzka, il grande avvocato toscano, psicologicamente disturbato, Massimo Foschi, contrapposto al mefistofelico leguleio palermitano, il grande Luigi Burruano. La città ideale rappresenta un debutto interessante, al di fuori dei soliti schemi della commedia italiana, un'incursione in un genere ibrido, un thriller surreale che lascia lo spettatore con un finale sospeso, degno del suo enigmatico protagonista, che ricorda l'inquilino del terzo piano di Polanski, mentre tutta la vicenda si potrebbe definire sarcasticamente "kafkiana". Come interprete Lo Cascio si confeziona addosso un personaggio originale, mettendoci probabilmente molto di suo, un uomo con un forte senso etico, troppo intransigente però, già ferito dal mondo e dalle sue regole, che tenta invano di riscrivere, malinteso e frainteso, un altro eroe sconfitto, come in molti suoi film precedenti, anche se in modo meno cruento, da un mondo nemmeno orribile, solo "normale" di quella normalità degradata che oggi siamo abituati ad accettare come fosse l'unica.
Giudizio
- un discorso metaforico
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