Crimson Peak: Recensione

Di   |   22 Ottobre 2015
Crimson Peak: Recensione

In the Court of the Crimson Peak

Edith (Wasikowska) crede nei fantasmi, da quando ha visto quello della sua mamma, morta di colera quando era piccina. Quindici anni dopo la ritroviamo signorina, figlia di ricco e protettivo padre, con ambizioni di scrittrice e tante fantasie per la testa. Una è quella dell'amore romantico, che la spinge a ignorare il solido e affidabile medico Alan (Hunnam) e perdere la testa per i bellissimi occhi e il tratto gentile di Thomas (Hiddleston), baronetto inglese decaduto approdato negli States in cerca di fondi per finanziare una miniera di rossa argilla, unica risorsa della sua fatiscente proprietà.


Thomas ha un'inquietante sorella al seguito, ma Edith ignora ogni segnale di prudenza e lo segue in Inghilterra nella sua lugubre magione. Nella pittoresca rovina della casa, che nasconde voragini di segreti come i suoi abitanti, c'è un sotterraneo nel quale la giovane donna non dovrebbe mai andare. Ma Barbablù ci ha insegnato che non c'è nulla di più attraente del proibito. Quando Edith si ricorderà del monito della sua defunta madre, rischierà di essere troppo tardi. Tom Hiddleston, nei film sempre molto distante dalla sua figura reale, è romantico, vulnerabile, torbido, moro, esangue, in una parola bellissimo, e irresistibile per qualunque fanciulla. Mia Wasikowska, ragazza concreta nonostante le derive romantiche, si sveglia a fatica dalla sua illusione. Jessica Chastain in versione dark, come ruolo e come colore dei capelli, è la perversa sorella. Charlie Hunnam, dopo Sons of Anarchy e Pacific Rim, reso dimesso dal ruolo, perde in fascino rispetto al protagonista, come un qualunque Jonathan Harker rispetto a Dracula. Crimson Peak è una fiaba triste, visivamente bellissima, che di horror in senso tradizionale ha poco, è più una storia di misteri che si imparenta con il thriller, ricordando Daphne Du Maurier e il suo bellissimo romanzo Rebecca, la prima moglie. Diventa importante, oltre all'intreccio dei caratteri, tutta l'ambientazione, la casa, gli spettri, ripresi dalla fotografia di Dan Lausten, che squarcia le ombre con colori acidi, stile Lamberto Bava (così dichiara lo stesso regista). Guillermo del Toro torna al suo genere forse preferito, con un racconto nero inzuppato del rosso dell'argilla che trasuda da ogni dove, pompata nei tubi arrugginiti della casa come sangue nel corpo di una creatura malata, morente. Con il suo migliore stile, barocco e steam punk, del Toro autore della storia insieme a Matthew Robbins, mette in scena un gotico horror che racconta di amori puri e di torbide passioni, una romantica favola di distorti amori infelici dove "l'orrore è stato per amore", un amore che si è nutrito di una lunga scia di sangue e sofferenze, troppe per non distruggere il sentimento che avrebbero dovuto preservare.

 

Giudizio

  • Nella casa che respira
  • 7/10

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