John Carpenter nasce il 16 gennaio del 1948 a Carthage, New York, e trascorre l’adolescenza a Bowling Green nel Kentucky, una piccola cittadina nelle vicinanze di Nashville. Il padre Howard era titolare dell’insegnamento di musica moderna all’Università del Kentucky ed anche un apprezzato session man che accompagnava spesso Frank Sinatra, Roy Orbison e Brenda Lee. Inutile chiedersi, quindi, da dove derivi l’amore per la musica che ha sempre portato John Carpenter ha realizzare personalmente (tranne che in La cosa dove ha delegato il compito a Ennio Morricone) le splendide e coinvolgenti colonne sonore che sono diventate un vero e proprio marchio di fabbrica, un segno inconfondibile di quello che si può tranquillamente definire come “Carpenter’s Touch”. Parallelamente all’amore per la musica, il giovane Carpenter coltivava anche quella per il cinema. Una passione fomentata dalla madre che ce lo accompagnava fin dall’età di cinque anni; correva l’anno 1953 quando vide It Came from Outer Space (Destinazione…Terra) di Jack Arnold in versione tridimensionale, un’esperienza che si rivelò illuminante nella vita del futuro regista. Gli anni dell’infanzia sono anche quelli in cui Carpenter “divorava” racconti di fantascienza economica, riviste come The Magazine of Fantasy & Science Fiction e fanzines e si nutriva di quella cultura underground fatta di mostri e fumetti dell’orrore figli della guerra fredda che ha influenzato pesantemente la formazione di Joe Dante, Tobe Hooper, Wes Craven e tutti gli altri rappresentanti del New Horror americano. Nel 1968 Carpenter veniva ammesso alla prestigiosa University of Southern California (USC) dove ha avuto modo di frequentare corsi di regia, fotografia e montaggio. Durante la sua permanenza all’USC conosce Dan O’Bannon e Nick Castle, suoi futuri collaboratori e gira undici cortometraggi, il più famoso dei quali è The Resurrection of Broncho Bill (1970), vincitore dell’Oscar nella sezione cortometraggi per il miglior soggetto, scritto in collaborazione con Castle. Verso la fine del 1970 Carpenter iniziò a lavorare a Dark Star (parodia di 2001 Odissea nello Spazio), che sarà il suo saggio di diploma e diventerà, ampliato e gonfiato in 35mm nel 1974, il suo primo lungometraggio.
Del 1976 è Distretto 13: le brigate della morte, horror/western metropolitano che si ispira a Un dollaro d’onore (1958) di Howard Hawks, vero e proprio mentore di Carpenter. Il film è così innovativo e per certi versi scioccante (pensiamo all’assassinio esplicito della bambina) da essere accolto con scarso entusiasmo e ignorato, prima di diventare un cult nei Festival e nei cineclub. Pericolo in agguato è del 1978, in questo suo primo film tv prodotto dalla NBC-TV, Carpenter (oltre a conoscere la sua futura moglie Adrienne Barbeau) sperimenta quelle tecniche visive e narrative che lo porteranno, nello stesso anno, a realizzare uno dei film di riferimento dell’horror moderno: Halloween, a tutt’oggi il suo più grande successo commerciale. Nel 1979 Carpenter intraprese la sua seconda esperienza televisiva dirigendo un film sulla vita di Elvis Presley: Elvis, il Re del rock; questo film (che fu distribuito anche nelle sale) segna l’inizio del sodalizio artistico tra Carpenter e il suo attore feticcio Kurt Russel, e rappresenta l’unica “distrazione” dal genere del regista americano.
Il ritorno alle atmosfere inquietanti avviene nel 1980 con Fog, coinvolgente ed inquietante omaggio alla classica ghost story e che vinse il Festival di Avoriaz. Nel 1981 è la volta di 1997: Fuga da New York, distopia profetica e orwelliana ambientata in una metropoli di fine millennio che regala all’immaginario cinematografico Snake Plissken, archetipo del solitario, cinico e disilluso eroe carpenteriano. Un altro film significativo nella filmografia carpenteriana è La Cosa (1982), operazione che va oltre il semplice remake del famoso La cosa da un altro mondo (1952) di Christian Nyby / Howard Hawks e che, soprattutto grazie agli straordinari effetti speciali di Rob Bottin (ingiustamente "scippato" dell'Oscar), entra di diritto nell’olimpo della fantascienza mondiale. Nel 1983 Christine la macchina infernale (film del quale Carpenter si è sempre dichiarato insoddisfatto) è tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King e precede di un anno Starman, film che presenta un alieno (Jeff Bridges) romantico e sensibile, completamente in antitesi con l’orrenda creatura di La Cosa.
Un’avventura tra magia, fumetti e arti marziali (mainstreamizzazione dell’estetica di Hong Kong enormemente in anticipo sui tempi!) è Grosso guaio a Chinatown (1986), uno dei suoi più grossi insuccessi di pubblico e critica, il film che fa chiudere a Carpenter i rapporti con Hollywood fino a dichiarare la sua intenzione di smettere col cinema. Fortunatamente il regista ci ripensa e torna nel 1987 con la produzione indipendente di Il signore del male, horror metafisico veramente terrorizzante e di grande impatto emotivo nel quale Carpenter esplora il territorio, per lui molto affascinante, della fisica quantistica. Del 1988 è Essi vivono, il suo film più dichiaratamente politico, un duro atto d’accusa contro Ronald Reagan e la generazione degli Yuppies, dominante nell’immaginario e nella politica degli anni 80. In Avventure di un uomo invisibile (1992) il regista si confronta con una delle figure mitiche del fantastico e trasforma il film in un acuto e sensibile saggio sulla “visione” e la perdita d’identità. Il 1993 vede realizzare il progetto più ambizioso di Carpenter: Il seme della follia, un viaggio metacinematografico tra i mondi paralleli di H.P. Lovecraft e P.K. Dick che riflette sulla percezione della realtà e sul condizionamento messo in opera dai mezzi di comunicazione di massa. Dello stesso anno è Body Bags - Corpi estranei, divertente horror in tre episodi (uno dei quali diretto da Tobe Hooper) che s’ispira alla serie Tales from the Crypt e che vede lo stesso Carpenter recitare la parte dello zombi narratore.
Nel 1995 il regista realizza senza grandi impennate, e soprattutto per esaurire gli impegni contrattuali che lo legano alla Universal, Il villaggio dei dannati, remake dell’omonimo classico della fantascienza girato nel 1960 da Wolf Rilla. Il 1996 vede il ritorno di Snake Plissken in Fuga da Los Angeles, geniale saggio di metacinema tramite il quale Carpenter attacca le grandi major hollywoodiane nonché la logica stessa del sequel-remake. Purtroppo questa operazione non viene capita dal grande pubblico che si aspettava le atmosfere dark del primo film e si risolve in un insuccesso commerciale. Nel 1997 Carpenter affronta uno degli archetipi del terrore con Vampires, uno dei suoi film più decisamente splatter e di matrice anticlericale.
Del 2001 è invece l’ultimo (finora) lungometraggio, Fantasmi da Marte, energico ritorno alla fantascienza artigianale che presenta una summa dei topoi carpenteriani sviluppati nel corso di 25 anni di carriera: la paura della possessione alieno-demoniaca, la donna amazzone che non si arrende mai (figura che trova nella Jamie Lee Curtis di Halloween la sua più indicativa rappresentazione), il rispetto dei principi aristotelici di luogo e di tempo (tutti i suoi eroi sono alle prese con situazioni temporali delimitate: i suoi film non superano quasi mai le 48 ore, ed hanno sempre scadenze incombenti), la perdita dell’identità e la minaccia soprannaturale che spesso si manifesta sotto forma di fenomeni naturali (come la nebbia di Fog), il tema del futuro come entropia e disordine e soprattutto la struttura narrativa imperniata sull’assedio.
Negli ultimi anni, John ha preferito dare spazio alla famiglia e dedicarsi ai suoi hobby: il basket (è un grande fan dei L.A. Lakers) e i videogiochi (possiede tutte le console in commercio). Solo Mick Garris è riuscito a farlo ritornare dietro alla macchina da presa, anche se per un periodo limitato, per girare due episodi della serie TV Masters of Horror: Cigarette Burns e Pro Life. Ora, però, pare che Carpenter si sia veramente deciso a tornare sul grande schermo con un film che, però, sulla carta non sembra molto “nelle sue corde”. Si tratta di Riot, un thriller carcerario (già in fase di pre-produzione) con Nicholas Cage (!) come protagonista: aspettiamo scettici, ma anche fiduciosi nel tocco magico di uno dei più grandi registi americani contemporanei.