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Black Butterfly

Passaggi agli sconosciuti

di
Banderas è Paul, scrittore col blocco, troppi cicchetti durante la giornata, troppo solo e con troppi problemi finanziari. Un giorno raccatta dalla strada un vagabondo che lo ha aiutato in una mezza rissa da bar e impudentemente se lo porta nella baita isolata, che sta cercando di vendere (l’agente immobiliare è Piper Perabo). Il vagabondo, che ha la faccia di Rhys Meyers, non rassicurerebbe nessuno e inoltre noi sappiamo che nella zona ci sono state misteriose sparizioni di donne, un serial killer forse si nasconde nella scarsamente abitata area (siamo a due ore da Denver, in una desolata mezza montagna). All’inizio l’ospite sembra un vero affare, lava i piatti, fa le pulizie, cucina benissimo, ripara le cose rotte. Sembra un tipo per bene caduto in disgrazia. Ma le cose iniziano a diventare inquietanti e le prospettive a mutare e a mutare ancora.
 
Black Butterfly, remake di un film tv francese del 2008, che deve il titolo alla farfalla tatuata sulla schiena dell’ospite misterioso, è diretto da Brian Goodman, di cui si narrano turbolenti trascorsi giovanili, purgati nell’arte (ha già diretto, e scritto insieme a Donnie Wahlberg, il film Boston Streets) e si intuiscono nella storia potenzialità maggiori, sprecate però. Il film si riduce a un thriller che mette in scena due protagonisti entrambi in appannamento per diverse ragioni, che entrambi nascondono qualcosa, qualcosa che ovviamente lo spettatore viene chiamato a indovinare, sennò che thriller sarebbe. Peccato che le possibilità non siano molte e così tutto l’interesse sfuma velocemente. Il prevedibile colpaccio di scena principale  e il piccolo twist finale non salvano un film mediocre, che viene distribuito in periodo estivo, notoriamente ricettacolo di avanzi di mercato poco riusciti.
 
 
 


banale

5