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L’Italia avrebbe bisogno di un capolavoro
[del 26/01/2010] [di Rick Gush]
So benissimo quanto sia difficile sopravvivere nel business dello sviluppo di videogiochi e ho un grandissimo rispetto e ammirazione per quei pochi sviluppatori Italiani che fanno di tutto per restare a galla. Apprezzo il loro voler sopravvivere a tutti i costi ma, allo stesso tempo, ritengo che in Italia ci sia bisogno di produrre una serie di giochi importanti.
Difficile? Per niente, perché l’Italia è bella carica di talenti. Mi sorprende il fatto che in Italia nessuno sia ancora riuscito a realizzare un videogioco di una certa importanza. Gli Italiani sono conosciuti in tutto il mondo per il loro stile, il senso del design, e per la loro abilità nel creare prodotti spettacolari. La Ferrari, la Vespa e la pizza sono le prime tre cose che mi vengono in mente. E allora perché non c’è stato ancora nessun sviluppatore italiano in grado di produrre una mega hit?
Penso che l’industria italiana debba voltare pagina una volta per tutte. Non è un caso poi se la maggior parte degli sviluppatori inglesi sono arroganti, mentre quelli italiani sono tutti ragazzi tranquilli. Quello che serve all’Italia è anche un cambio di atteggiamento: basta essere carini e accettare questo ruolo di secondo piano all’interno dell’industria dei videogiochi. È il momento di diventare arroganti, di produrre una hit da milioni di copie!
I giochi su licenza meglio non prenderli in considerazione. La produzione di un titolo su licenza è troppo facile, troppo comoda, e il guadagno potenziale troppo basso. I giochi su licenza possono essere un modo per sopravvivere se sei un piccolo studio, ma non vedo nella produzione di un gioco su licenza il rimedio giusto per uscire da questo stato di immobilismo in cui si trova l’industria videoludica italiana. Avventure, giochi di calcio e racing game non sono nemmeno loro la via ideale da seguire. Una potenziale hit italiana, qualunque essa sia, non può essere configurata come qualcosa di piccolo e scontato che poi, per un colpo di fortuna, magari riesce a catturare un bel po’ di pubblico. C’è bisogno di un vero e proprio capolavoro, qualcosa di simile a ciò che riusciva ad esprimere Michelangelo con le sue opere.
L’industria dei videogiochi in generale avrebbe un ulteriore luogo in cui fare presa, senza contare che una fiorente industria videoludica italiana potrebbe garantire molti posti di lavoro. Quante persone sono attualmente coinvolte nell’industria dei videogiochi in Italia? Credo non più di 200. Ci sarebbe anche più rispetto per questo mondo. Una hit aprirebbe nuovi scenari e nuove opportunità lavorative. Darebbe coraggio a tutti gli altri sviluppatori italiani e sarebbe un esempio per chi vuole cominciare questo tipo di professione. Penso che l’Italia sia il posto ideale per essere il Paese potenzialmente più in grado di sviluppare videogiochi di successo nel ventunesimo secolo. Certo, Giappone, Inghilterra e Stati Uniti partono con un buon vantaggio, ma la storia ci insegna che anche ciò che sembra irraggiungibile può improvvisamente diventare a portata di mano. In questo momento l’industria italiana dei videogiochi non ha sua identità precisa ma con un paio di buone idee e la giusta dose di coraggio, tutto può cambiare. L’Italia ha capacità intellettuali, il senso estetico e un vasto esercito di programmatori, artisti e grafici ben preparati pronti a mettersi in gioco. Ciò di cui l’Italia ha bisogno è un po’ di spirito imprenditoriale, necessario per iniziare e magari collocarsi a livello di concorrenti attualmente più rinomati.
Se fossi un manager di un team di sviluppo Italiano, mi chiederei: il gioco che stiamo sviluppando diventerà uno dei migliori di questo genere? Se la risposta fosse no, opterei per una cancellazione del progetto. Capisco benissimo che un’altra variabile è l’effettiva esistenza di appoggi finanziari, ma credo che avere una visione positiva del futuro possa concorrere a motivare lo sviluppo di un gioco. Quando ero in Westwood sapevamo che si lavorava per sfornare una mega hit, un gioco che sarebbe diventato uno dei migliori di tutti i tempi: Command and Conquer. Era una sorta di sogno comune a cui si lavorò per molti anni. Avevo un ruolo non così importante all’interno di quel progetto, perché mi occupavo di titoli minori ma che provvedevano comunque a finanziare la hit che si stava sviluppando. Sapevo di questo mio ruolo secondario, ma io e i miei team eravamo orgogliosi di supportare in qualche modo il progetto principale. Spero quindi che gli sviluppatori Italiani abbiano quello stesso sogno…
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