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Il gameplay è una fonte di guadagno
[del 05/10/2009] [di Rick Gush]
Sono un grande fan del concetto di economia reale all’interno dei mondi online e non vedo l’ora che Microsoft e Sony decidano di supportare questo tipo di modello per le transazioni di denaro all’interno dei loro giochi sulla Rete. Credo che un’economia reale all’interno di un gioco in cui la valuta di scambio prevista per quel mondo virtuale possa essere acquistata o venduta tramite denaro reale, possa essere molto interessante per i videogiocatori ma anche più affascinante, come fonte di guadagno, per gli sviluppatori.
In futuro molti titoli online porteranno i giocatori a vendere e a offrire non soltanto oggetti ma anche servizi, e queste transazioni creeranno una valuta virtuale che troverà riscontro anche nella realtà. Servizi agevolati, all’interno dei quali i giocatori sono in grado, grazie alle caratteristiche del gioco, di offrire altrettanti beni e servizi ad altri giocatori, che troveranno consensi tra il pubblico. Servizi tecnici, personalizzabili, di organizzazione sociale, decorativi: tutti saranno potenzialmente riconducibili a delle attività di guadagno legate al gameplay. Essere in grado di offrire questo passaggio tra moneta virtuale e moneta reale tramite l’offerta di servizi potrà attrarre un gran numero di giocatori.
I titoli che spingeranno gli utenti a usare transazioni di questo tipo capaci di garantire agli sviluppatori una piccola percentuale da queste operazioni saranno ricompensati finanziariamente rispetto ai titoli basati esclusivamente su un abbonamento, sulle vendite in scatola o sui guadagni pubblicitari. Il modello con l’iscrizione restringe il pubblico, creando un mondo chiuso. Tanto la vendita classica che quella tramite abbonamento, ignora il fenomeno degli acquisti istintivi e tutti i benefit finanziari che uno sviluppatore può trarre da una molteplicità infinita di micro-transazioni. Anche i giochi che fanno scaricare a pagamento scenari aggiuntivi perdono questa opportunità perché gli sviluppatori guadagnano soltanto se la loro opera verrà valorizzata. Stesso discorso per i guadagni sulla pubblicità passiva, che manca della capacità di far rumore propria del marketing.
Non serve molta immaginazione per prevedere un futuro in cui gli inserzionisti non pubblicizzeranno nel mondo reale, ma parteciperanno attivamente alla vendita e alla fornitura di servizi all’interno dei mondi di gioco. Immagino McLaughlin Mufflers vendere pezzi di ricambio di auto virtuali durante una corsa online o la Nike vendere scarpe virtuali in un numero esagerato di titoli. Suppongo che Alitalia possa vendere il suo servizio di trasporto all’interno dei giochi o McDonalds offrire panini energetici per i protagonisti affamati di un gioco. Avere all’interno di un gioco produttori e prestatori di servizi porterà anche a una loro cooperazione, a operazioni di marketing che faranno da attrattiva per altri giocatori.
Non penso che avere un’economia reale all’interno dei titoli online debba essere la loro caratteristica dominante. I giocatori devono essere liberi di comprare servizi occasionalmente, perché devono comunque avere la possibilità di partecipare agli eventi del gioco principalmente senza pagare. Avere un’economia reale come struttura dei giochi online, permetterebbe agli utenti di compiere transazioni, che rappresentano il futuro dei giochi sulla Rete.
Quando ero al college andavo qualche volta a giocare a poker a uno dei club che si trovavano in città e pensavo che quei modelli potessero essere un buon esempio per i giochi online. Quei club non si preoccupano di chi vince o di chi perde; si preoccupano soltanto di fornire un ambiente in cui i giocatori si divertano, prendendo una piccola percentuale per il loro preoccuparsi. Allo stesso modo un mondo online in grado di offrire del denaro durante una competizione sportiva o una corsa, può dare la possibilità ai giocatori di guadagnare soldi, generando una piccola percentuale di guadagno anche per gli sviluppatori.
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