La prima parola che ci viene in mente, dopo aver preso parte alla conferenza stampa de Il caso dell'infedele Klara, è: confusione.
C'è molta confusione nella sala dell'hotel dove si svolge l'incontro e ce n'è molta anche nelle parole dello stesso regista, Roberto Faenza che ammette candidamente di essersi chiesto più volte, nel corso della lavorazione, "ma che genere di film sto facendo?" E la sua perplessità trova uno specchio perfetto nelle affermazioni dei suoi due protagonisti, Claudio Santamaria e Laura Chiatti, che dichiarano, infatti, di non saper dire a quale genere di preciso appartenga il film.
«Confusione» è anche la parola d'ordine di certa autorialità cinematografica del nostro amato Bel paese, e questo spiega molte cose.
Spiega, ad esempio, perchè Faenza descriva come "grottesco e nient'affatto realista" il taglio dato al suo film, evidenziando di non essere "nè uno psicologo nè un sociologo", salvo poi sottolineare la "marginalizzazione e l'indebolimento degli uomini nella società contemporanea, come testimoniano i fatti di cronaca e l'incremento delle violenze sessuali" che il film mette in risalto con le molte fragilità del personaggio di Luca (Santamaria), arrivando a citare "sondaggi svolti tra circa 1000 ragazzi in tutta Italia, in cui è emersa la forte gelosia ossessiva che li caratterizza".
Emerge, dunque, con chiarezza, uno dei limiti storici del nostro cinema, dalle parole di uno dei suoi rappresentanti storici: l'incapacità di sviluppare un sistema di generi capace di scandagliare, e non semplicemente riflettere, il mondo in cui viviamo.
E viene sottolineato ulteriormente dai due attori, con Santamaria che, citando gli stessi sondaggi chiamati in causa dal regista, ritiene che la pellicola sia "fortemente agganciata alla nostra realtà contemporanea", e Laura Chiatti che addirittura esamina il ruolo centrale delle nuove tecnologie nel peggioramento delle dinamiche della gelosia, dal momento che "prima di cellulari ed e-mail era molto più difficile insospettirsi e venire a conoscenza di certe cose".
Ma non si era parlato di "film grottesco non attinente alla realtà"?
Può esistere in Italia un cinema capace di filtrare la realtà sociale attraverso un linguaggio vero e proprio?
La risposta che Roberto Faenza ed il suo cast hanno dato nel corso della conferenza stampa (per il film vero e proprio rimandiamo alla review) de Il caso dell'infedele Klara risiede, purtroppo, in un'unica, sconfortante parola: confusione.