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C’è Alan Wake nel presente e nel futuro di Remedy (parte 1)
Lo studio finlandese Remedy Entertainment è conosciuto per aver prodotto successi del calibro di Max Payne, e per l’imminente Alan Wake, un’esclusiva Xbox 360 che è in fase di sviluppo da oltre sei anni.
In questa intervista esclusiva, Matias Myllyrine, managing director di Remedy, ci parla dello sviluppo prolungato di Alan Wake, dei perché di una post-produzione perfetta, di come investire su una tecnologia proprietaria possa aiutare una compagnia nei progetti futuri, ed infine dell’importanza che un gioco può avere quando attinge direttamente dalla cultura popolare.
GamesIndustry: Sono passati sei anni, tanto tempo. Adesso il lancio di Alan Wake è imminente: quali sono le sensazioni del team di sviluppo?
Matias Myllyrine: Ci sono molte sensazioni in ballo, è inevitabile quando hai a che fare con un progetto simile. C’è di sicuro un grosso entusiasmo, perché finalmente vede la luce ciò su cui hai lavorato per tantissimo tempo e che hai voluto creare con tutte le tue forze.
È un qualcosa che condividi e anche questo è fantastico, ma anche dal punto di vista personale ognuno di noi sa di aver lavorato ottimamente e le risposte delle persone che hanno provato il gioco sono tutte positive.
Siamo quindi emozionati all’idea di veder uscire la nostra creatura ma naturalmente sentiamo anche la responsabilità tipica di una compagnia. Quindi, piedi assolutamente per terra…
GamesIndustry: Alan Wake e Heavy Rain puntano enormemente sulla storia, su un copione che riesca a trascinare i giocatori. È una coincidenza che escano a poche settimane di distanza?
Matias Myllyrine: Non ho ancora avuto la possibilità di giocare Heavy Rain (è nella mia lista dei titoli da giocare e dovrò abbandonare alcuni dei giochi che ho già iniziato), ma sono troppo curioso di sperimentare tutte le sue caratteristiche e lo giocherò al più presto.
Se parliamo di Alan Wake, posso dirvi che ogni titolo è il riflesso di ciò che il team ha voluto creare. Quindi si tratta di un action thriller psicologico prodotto dagli stessi ragazzi che crearono Max Payne, e sia gli addetti ai lavori che i fan più hardcore potranno ritrovare determinate tecniche che abbiamo già sperimentato, ma applicate a un gioco che sarà comunque diverso, più thriller.
Penso che al momento ci siano parecchi titoli a cui valga la pena di giocare. Siamo in una sorta di golden age dello sviluppo dei videogiochi, un’occasione d’oro per chi ha voglia di creare qualcosa di unico.
In Max Payne abbiamo usato il tempo come un elemento del gameplay. In Alan Wake ci siamo concentrati sull’uso della luce; entrambi gli elementi sono presenti in maniera costante nel gioco e sono facili da utilizzare ma ciò che sembra così “scontato” ha richiesto moltissimo tempo per essere integrato ai fini della giocabilità.
GamesIndustry: Con Alan Wake avete sperimentato parecchio prima di trovare la strada giusta?
Matias Myllyrine: Abbiamo fatto un grosso errore all’inizio e siamo stati costretti a tornare sui nostri passi. Abbiamo provato a dare una struttura sandbox a un thriller e l’idea non funzionava affatto. Ci ha deluso e mancava di ritmo e, per un thriller, il ritmo è importante, c’è bisogno di incuriosire il giocatore.
Probabilmente abbiamo buttato via sei mesi di lavoro, che potrebbero non sembrare molti, ma nella pratica vuol dire gettare all’aria ciò per cui ha lavorato tantissima gente… ma quello non avrebbe potuto essere il nostro gioco ideale, l’idea di thriller che ci eravamo prefissati.
Quindi abbiamo fatto un passo indietro e abbiamo messo tutto in discussione, anche se poi questo non è il vero motivo per cui il gioco ha richiesto un periodo di sviluppo così lungo. La lentezza è dovuta al forte investimento che abbiamo fatto in termini di tecnologie e tool. Volevamo centrare determinati obiettivi e abbiamo costruito la tecnologia per riuscirci, tralasciando da subito la possibilità di provarci utilizzando una tecnologia già esistente.
Siamo ambiziosi e vogliamo che tutto giri a perfezione. Per questo una parte importante del progetto riguarda anche la post-produzione, pur se richiede un ulteriore periodo di tempo extra.
All’ultimo E3 avevamo già tutto il gioco praticamente finito e giocabile ma la post-produzione è stata importante per ripulirlo e bilanciarlo nel migliore dei modi dal punto di vista della giocabilità. I videogiochi costano cari e se spendi 60 Euro, Remedy ha tutto l’interesse che tu sia soddisfatto di questo investimento.
GamesIndustry: Un investimento in tecnologia che, intuiamo, possa essere sfruttato anche nei giochi futuri?
Matias Myllyrine: Certamente e questo è stato uno degli elementi chiave. Costruire una tecnologia che possa essere utilizzata nel tempo, che possa evolversi per migliorare. Adoperarsi per crearne una esclusivamente per un titolo, non avrebbe senso.
GamesIndustry: Da questo punto di vista, vi augurate che la durata ciclica di una console sia dunque più lunga?
Matias Myllyrine: Credo che tutti gli sviluppatori non abbiano così fretta di passare a una nuova generazione di console. Ci sono cose che ancora non sono state fatte con questa generazione di hardware, prima di un effettivo salto verso la prossima generazione.
C’è una base installata solidissima e i videogiocatori hanno ancora molto da scoprire grazie ai servizi in continuo aggiornamento sul Live o alle periferiche in stile Natal che arriveranno nei prossimi mesi.
Naturalmente, le cose possono evolversi anche in maniera differente. Le mie sono semplici supposizioni…
[L'articolo continua e si conclude al seguente link]
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