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C'era una volta BDM (parte 1)
Realizzavo pochi giorni fa che Stefano Petrullo è stato il mio primo contatto col mondo dei videogiochi. Sua infatti fu la voce che quasi quindici anni fa rispose all’altro capo del telefono per dirmi quali fossero i requisiti minimi per entrare a fare parte della redazione di The Games Machine.
Stefano è quindi diventato un collega, poi un concorrente, quindi il PR cui ho dato più copertine nella mia storia (insieme al buon Alberto), ora invece è semplicemente un amico.
Ripensando alla carriera professionale che lo ha portato dall’essere il redattore di una rivista di videogiochi all’elemento di punta di Ubisoft nel lancio di Assassin’s Creed 2 oltremanica, ho creduto potesse essere interessante proporvi una sua intervista anche per capire, dalle parole di chi la vive quotidianamente, come sia strutturata l’industry britannica dei videogiochi…
GameSushi: Caro Stefano, cominciamo dall'inizio della tua carriera, che è di stampo giornalistico. In che anno e dove hai iniziato a legare il tuo destino ai videogiochi?
Inizialmente leggevo Zzap e, in occasione di Abacus (fiera di Milano) del 1991, incontrai Stefano Gallarini, che a quel tempo stava per lanciare una nuova rivista, PC Action. Cominciai a scrivere lì come freelance e dopo qualche mese mi fu offerto il posto di Assistente di Redazione, che mi permise di lavorare a tempo pieno su tutte le testate Xenia (TGM, PC Action, ZZAP, CD Magazine, Gigabyte, ecc.), per arrivare infine a PC Game Parade.
Quest’ultima rivista, edizione Italiana si PC Zone, è stata una delle più grandi sfide e soddisfazioni della mia carriera.
GameSushi: Dovendo tracciare un parallelo con quello che sono i videogiochi oggi, quali sono le differenze che balzano maggiormente alla tua attenzione?
Decisamente gli standard, che sono cambiati completamente: la parte tecnica ha preso il sopravvento e il settore è diventato molto più ‘corporate’. Costi altissimi e aziende quotate in borsa hanno dato uno scossone all’industry, che ha raggiunto dimensioni fino a qualche anno fa inimmaginabili. Recensire un gioco oggi è decisamente più difficile in quanto il videogame in sé ha mille sfaccettature (tecniche, multiplayer, narrative, ecc.) e il mercato è diventato molto selettivo.
Ritengo importante però sottolineare che a mio parere un videogioco deve essere giudicato per un buon 70 percento per l’esperienza e la soddisfazione di chi lo utilizza. Mettere sullo stesso piano le diverse sfaccettature e dare loro la stessa importanza non è secondo me il modo migliore per fare una critica costruttiva, specialmente con i prodotti attuali.
GameSushi: Torniamo alla tua carriera giornalistica: dopo The Games Machine sei passato come detto a PC Game Parade e quindi hai saltato la barricata passando alle PR. Com'è stato il tuo primo impatto con l'altra faccia della medaglia?
Ho sempre pensato (e penso tutt'ora) che un buon PR abbia come compito quello di ‘servire’ il giornalista mettendolo in grado di fare il suo lavoro al meglio. Ho sempre lavorato con questa convinzione che mi ha portato a ottimi risultati. Quando cominciai a fare il PR mi resi subito conto dei mille aspetti e delle mille difficoltà legate allo sviluppo e al marketing di qualsiasi prodotto.
Per dirla con una metafora, pensiamo al videogioco come a un piatto di qualsivoglia pietanza e al PR come allo chef: se gli ingredienti sono di qualità ma lo chef è mediocre, il piatto sarà comunque buono ma non eccellente; viceversa se gli ingredienti sono medi ma il cuoco bravissimo, il sapore di ogni singolo ingrediente, seppur penalizzato dalla sua qualità di base, esprimerà il massimo.
GameSushi: Raccontaci delle tue prime esperienze e dei tuoi primi incarichi in Leader.
Quando arrivai la prima cosa da fare era creare un punto di contatto tra me e il publisher, Inizialmente l'unica interfaccia era il Product Manager, che chiaramente non conosceva le richieste, le dinamiche e le tempistiche della stampa, il che provocava grossi problemi nel generare una qualsivoglia copertura. Creando un punto di contatto tra i 2 reparti PR si cominciò a parlare lo stesso linguaggio (ovviamente coinvolgendo anche il marketing), le cose diventarono più veloci e l'ottimo rapporto che avevo con i miei ex concorrenti fece tutto il resto.
Esempi di queste sinergie sono state le cinque copertine di Tomb Raider su tutte le riviste italiane e l'esclusiva mondiale con Thief proprio con te e TGM. Non era mai successo che una rivista italiana avesse un colpo di questo genere (a meno che non usasse materiale tradotto e comunque anche in questo caso si parlava normalmente di un’esclusiva europea e non mondiale).
GameSushi: Arrivato a un certo punto, hai deciso di fare le valigie e trasferirti negli UK: qual è stata la molla che ti ha spinto a un passo decisamente coraggioso?
Ci sono stati tanti fattori tra cui il fatto che mi sentivo pronto per una nuova sfida; dopo tanti anni in Italia volevo mettermi alla prova e vedere come avrei potuto reagire, a 30 anni, a un mondo che conoscevo bene ma con interlocutori diversi e un livello di competizione decisamente molto più alto. In Italia i PR e i publisher sono in numero decisamente inferiore che in Inghilterra.
GameSushi: Una volta approdato negli UK, Koch Media: com'è stato il tuo primo impatto con la realtà anglosassone? Intendo sia sotto il profilo professionale che personale...
Partiamo da quello personale: sicuramente galvanizzante, un mondo nuovo, una sfida nuova. Pochi amici e una cultura completamente diversa. Il primo impatto positivo è stato senza dubbio la facilità nel trovare una casa, aprire un conto in banca e il codice fiscale... Tutto fatto in praticamente un giorno, con una totale assenza di burocrazia. Per chiunque volesse fare lo stesso passo, i primi 3 mesi sono un grosso banco di prova: la mancanza di amici e della famiglia, nonché la lingua (per quanto la si conosca), rappresentano una sfida non indifferente.
Professionalmente? Il mercato inglese genera molti più soldi, conseguentemente esistono budget marketing più alti che permettono di fare molte più cose a livello di comunicazione. La stampa inglese è decisamente molto pragmatica e, assieme a quella francese, forse la più severa a livello di voti. Come in Italia esistono giornalisti con i quali si va più o meno d’accordo, ma l’importante è comunque mantenere il focus nel dare il miglior servizio possibile al giornalista. Questa è una cosa che viene molto apprezzata (la società inglese è decisamente basata sulla meritocrazia e questo lo si vede piuttosto in fretta quando si vive qui).
Per farti un esempio ci ho messo un anno a ottenere la prima copertina su PC Gamer e la competizione è molto agguerrita. Questo di fatto è molto stimolante in quanto ti porta a cercare sempre nuove idee per articoli che vanno oltre le canoniche preview e review. Il rovescio della medaglia è che va tutto pianificato in anticipo (o perlomeno si cerca di farlo) sia con gli sviluppatori che con i giornalisti per riuscire a incastrare il tutto.
GameSushi: Veniamo quindi al tuo passato più recente, ovvero Ubisoft: come ti si è presentata l'occasione e come ti sei trovato a operare per la prima volta all'interno di un grande publisher?
Sono stato contattato da un’agenzia di headhunter che voleva proporre il mio CV a un potenziale cliente e solo dopo ho scoperto che era Ubisoft. Il curriculum è piaciuto e dopo due colloqui mi è stato offerto il posto di PR manager per la stampa specializzata inglese. Inizialmente ero un po’ spaventato, nonostante abbia lavorato tramite Pulsar con tutti i maggior interlocutori del mercato dal 1997 al 2006, ma entrare in un publisher come Ubisoft era un’altra cosa che volevo intensamente provare. Il reparto di comunicazione di Ubisoft UK mi ha accolto a braccia aperte e ho anche addirittura ritrovato ex colleghi di altri publisher francesi che ora sono i miei referenti a livello EMEA.
[l'intervista continua e si conclude al seguente link.]
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