|
Palzoun: una realtà giovane che crede nel futuro dell’intrattenimento (parte 2)
Continua e si conclude l'intervista in due parti a Daniele Azara di Palzoun: potete consultare la prima metà al seguente link.
GameSushi: Bang! si è dimostrato un grande successo. Sei sorpreso dei numeri che ha ottenuto e in che modo verrà “trattato” questo marchio nei prossimi mesi?
Daniele Azara: Bang! è un board-game spaghetti-western dal sapore cartoon, cinico, spensierato, allegro e... “letale”, che ha conquistato il cuore di oltre mezzo milione di giocatori di tutto il mondo, vincendo numerosi premi internazionali. Palzoun ha acquisito da daVinci Games la licenza esclusiva del prodotto per farne un videogioco multipiattaforma. Il successo mondiale di Bang! non deve stupire: è un prodotto valido, internazionale e divertentissimo.
Amiamo sfacciatamente Bang!. La versione elettronica che stiamo realizzando con SpinVector mantiene inalterato tutto il gusto e le possibilità di gioco originale, ma è ancora più semplice da comprendere. Abbiamo riadattato le regole rendendo il meccanismo di interazione più intuitivo, abbiamo rivisto completamente i 30 personaggi – che già erano fantastici – creando uno stile grafico inconfondibile e aggiunto animazioni e dettagli che fanno di Bang! un board-game adatto sia ai giocatori più accaniti che al vasto pubblico dei casual gamer.
Bang! Il Videogioco si prefigura come un medley della versione originale, più l'integrazione delle tre espansioni: High Noon, Dodge City e A Fistful of Cards.
Il marchio Bang! è una garanzia di qualità e stiamo lavorando a stretto contatto con daVinci Games, che ce lo ha affidato rifiutando altre proposte da publisher internazionali, per trarne un prodotto di altissimo livello e fedele al suo marchio. Abbiamo poi in serbo una grossa sorpresa riguardo alla colonna sonora, ma non mi è ancora possibile svelarla. Invito i lettori a seguirci sul sito di Palzoun e sul nostro blog.
Il gioco uscirà nei primissimi mesi del 2010 “cross-platform” su iPhone e PC ed è nostra intenzione lanciarlo anche su PSN.
GameSushi: Lavorare in Italia, nel settore videoludico, rappresenta una bella prova di coraggio e passione: come vedi il “nostro/vostro” futuro in un Paese che stenta a dare la giusta importanza (soprattutto economica) al mondo dei videogiochi?
Daniele Azara: È un argomento complesso che in poche righe rischia di essere banalizzato. Coraggio e passione certo non mancano. Dal mio punto di vista è impensabile che la nostra industria subisca una trasformazione consistente e rapida in tempi brevi senza un intervento significativo da parte delle istituzioni e, soprattutto, di investitori privati interessati a trarre profitto da queste attività.
Il problema principale nasce dal fatto che quello dei videogiochi è un settore ad alto rischio, in particolare in questo momento storico. Lo stato attuale medio delle aziende italiane, purtroppo, non è attrattivo per gli investitori: c'è troppa artigianalità, a volte non si parla il linguaggio degli affari, si assumono spesso atteggiamenti sbagliati. Se un primo passo da parte delle istituzioni potrebbe essere quello di detassare le aziende del settore intrattenimento, convogliando risorse sia materiali che immateriali verso entità che possano sostenere lo sviluppo dell'industria, è altrettanto essenziale che le aziende abbiano la possibilità di capire che sviluppare è la base di partenza e non un punto di arrivo; ma anche che attività spesso considerate collaterali sono invece centrali nella vita e nello sviluppo commerciale. Se poi aggiungiamo la difficoltà intrinseca di portare avanti una persona giuridica nel nostro Paese, si evidenzia un quadro complessivo che per essere migliorato deve prima essere smontato e poi affrontato e risolto un pezzetto alla volta.
Mentre alcune delle nostre aziende litigano per il posto di prima donna in un concorso popolare, nel mondo i grandi gruppi tirano le fila finanziarie e produttive, definiscono gli standard e le regole, ben felici di un potenziale concorrente completamente ininfluente. Un concorrente che mi sento di dire avrebbero ragione di temere, soprattutto in ambiti artistici e creativi.
GameSushi: Pensi che lo Stato dovrebbe intervenire direttamente per finanziare questi nuovi scenari lavorativi, come accade per esempio in altri paesi europei?
Daniele Azara: Lo Stato italiano non ha una storia di intervento su industrie nane. Con i suoi circa 18 milioni di euro di fatturato annui, che equivale a quello di una azienda medio piccola (in Italia ce ne sono centinaia di migliaia), definirla “nana” è per di più un eufemismo ottimistico.
Ma proprio per le sue scarse dimensioni, interventi di sostegno per la crescita aziendale, la ricerca tecnologica e la detassazione potrebbero risultare comunque molto importanti.
In questo modo le aziende potrebbero diventare più attrattive: più soldi in tasca vogliono dire più tempo; e più tempo equivale a maggiori possibilità di crescita personale e professionale. Sviluppare è un duro lavoro, sia che lo si faccia su progetti piccoli che sui grandi blockbuster: potersi distrarre dai monitor è un privilegio che oggi ben poche software house possono permettersi.
Premi su gare nazionali, incentivi per le scuole di formazione, sfruttamento del medium di intrattenimento su settori come il serious gaming, l'e-learning e l'advergaming\social gaming a livello commerciale e adeguatamente compensati potrebbero sostenere inoltre il meccanismo di sviluppo con successo, in un’ottica di business sharing (scambio di attività), più che di direct capital injection (infusione di capitali nelle aziende).
Sento spesso i miei colleghi parlare di Venture Capital. Pur investendo ogni anno milioni di euro in alto rischio, i VC sono abituati a muoversi nel breve termine. Convincerli a partecipare in un prodotto videoludico attraente (si legga: alti investimenti-alto ritorno) vuol dire convincerli ad aspettare un paio d'anni, più i periodi di licenza, submission, analisi e immissione nel mercato. E senza una “success history” alle spalle.
L'infusione diretta di liquidi nelle aziende di sviluppo non appare quindi come una soluzione: pur avendo eccellenti tecnici e creativi, mancano quelle figure di produzione e marketing con esperienza e relazioni da “insider” non accumulabili qui da noi. Ci sono i nostri colleghi all'estero. Ecco, forse lo Stato potrebbe cominciare a finanziare lautamente un loro rientro. E non parlo solo del settore videogiochi.
Concludo con una nota positiva: il nord est quindici anni fa era composto da piccolissime aziende con fatturati molto bassi. Era un’industria nana. Lo Stato non è intervenuto ma questa miriade di realtà si è saputa organizzare, creando un network efficiente. Oggi sono il traino economico del Paese.
GameSushi: A questo proposito, come state affrontando il periodo di flessione economica che sta investendo più o meno tutti i settori?
Daniele Azara: Penso spesso che avere avuto una Palzoun dieci anni fa sarebbe stato completamente diverso. Oggi viviamo un momento problematico non solo per la crisi, che pure ha colpito anche il settore intrattenimento e quello dei videogiochi, ma in particolar modo per le trasformazioni in atto nel mercato. Lasciate che mi spieghi. Il primo modello di industria era basato su un sistema produttivo-distributivo molto semplice; per sua evoluzione questa primitiva forma di smercio si è trasformata nel modello cinematografico degli “Studios”: pochi attori di grande capacità finanziaria e commerciale con sviluppatori interni e un variegato panorama di indipendenti che tentavano di farsi notare (per essere acquisiti, spesso).
Nel 2005-2006 sono entrate nel mercato le nuove console, pensate per il digital delivery, di cui si parlava già dagli anni novanta (pochi si ricordano che la prima Xbox aveva già funzioni online). A questo punto il pensiero di chi vendeva i giochi diventò duplice: andare a prendere i “non giocatori” con prodotti adeguati e recuperare quelli che erano stati videogiocatori, ma non lo erano più: si erano stancati della ripetitività dei prodotti (e come dargli torto?).
La “corsa all'utente” ci porta al momento attuale, in cui il digital delivery promette agli indipendenti di avere un raffronto diretto col mercato senza passare necessariamente attraverso i publisher (cosa non sempre vera, peraltro); l'introduzione di piattaforme “non gamer” come il Wii o l'iPhone hanno strappato possibili utenti ai manufacturer come Microsoft e Sony (Natal, Wand, ecc.) e la crisi economica ha portato molto pane per tutti.
Se avessimo avuto una Palzoun dieci anni fa avremmo potuto prepararci meglio alle sfide del tempo. Ora abbiamo un solo obiettivo: quello di trovare i prodotti giusti e avere ricavi che permettano di scalare la cima verso operazioni più grandi e di maggiore rilievo.
In tal senso guardo a Palzoun come un'entità da proteggere e salvaguardare, perché in Italia manca la ricchezza necessaria per avere aziende rilassate. In un panorama come questo, i rischi diventano ancora maggiori.
|
« torna all'elenco interviste • tutti gli articoli correlati »
|
|
|
Sebbene lo sviluppo di Gran Turismo 5 abbia richiesto oltre 5 anni, il suo creatore, Kazunori Yamauchi, non è tuttavia pienamente contento del risultato finale... Nell'intervista che vi apprestate a leggere, rilasciata da "mister GT" durante la ...
GameStopFaccia a faccia con GameStop (parte 2)[di Nicola Congia] [25/11/2010]
[continua e si conclude l'intervista a GameStop. Potete trovare la prima parte al seguente link) A tal proposito, il vostro è un business focalizzato sulla vendita del prodotto fisico, mentre sono in molti a prevedere che il futuro stia nel digit...
GameStopFaccia a faccia con GameStop (parte 1)[di Stefano Silvestri] [24/11/2010]
Se iniziassi questo articolo parlando di Babbage's, probabilmente nessuno di voi saprebbe di che sto parlando. Eppure, questo oscuro rivenditore di software nato nel 1984 a Dallas, Texas, ha una lunga storia da raccontarci. Dieci anni dopo la sua ...
L'Italia che sviluppa difficilmente sale all'onore delle cronache: fatti salvi alcuni esempi blasonati, infatti, non ci capita spesso di parlare di personaggi del belpaese in grado di competere con le controparti europee o di oltre oceano. A volte...
|
tutte le interviste »
|
|