“Io penso positivo perché son vivo perché son vivo”, cantava Jovanotti. Potrebbe essere questo il motto di Soul Kitchen di Fatih Akin, presentato in concorso (e applauditissimo) alla Mostra di Venezia. È una commedia irresistibile, è il film anti-crisi di una Mostra che aveva mostrato solo catastrofi, economiche, ambientali, morali. È il film della fiducia, della ripartenza. Perchè parla di qualcuno che riesce a farcela. E non è un caso che arrivi dalla Germania, nazione che da sempre è stata il motore dell’economia europea. E non è un caso nemmeno che a realizzarlo sia un regista di origini turche. Con buona pace di chi dice che immigrazione e integrazione siano negative per la salute di un paese.
Fatih Akin, che finora conoscevamo per i suoi film drammatici, sorprende cimentandosi con una commedia esaltante, ricca di gag slapstick e di sorprese. È la storia di Zinos, ragazzo greco che ad Amburgo gestisce un ristorante, il Soul Kitchen, dove gli avventori amano il suo junk food. Mentre la sua fidanzata Nadine parte per Pechino, Zinos si ritrova con un terribile mal di schiena, e assume un cuoco. Che cambia il suo modo di cucinare: non più spazzatura, ma cibo per l’anima. Ecco cos’è Soul Kitchen: la cucina dell’anima. Ma anche la cucina soul, la musica che ama Zinos. Il cibo per l’anima farà scappare i suoi avventori, fino all’arrivo dei rochettari giunti nel locale per sentire la band del cameriere. Per caso, il Soul Kitchen ha successo. Ma le cose sono destinate a complicarsi.
Si ride, e si viene conquistati dalla musica, dal ritmo, dall’allegria, in Soul Kitchen. Ma, scusate il gioco di parole, si tratta di un film che ha un’anima. Parla di “Heimat”, la parola tedesca che significa patria, terra natale, ma anche casa, intesa come il luogo della famiglia e degli amici. È questo il Soul Kitchen per Zinos e i suoi. E la storia è bella perché, un po’, è vera. Akin ha un amico greco che ha un ristorante. Ed è vero anche il suo mal di schiena, disavventura che gli capitò durante il montaggio de La sposa turca. E anche la separazione di una coppia di amici, che ha dato il là alla sceneggiatura. Sono vere, purtroppo, anche le speculazioni edilizie di chi vuole trasformare i quartieri operai in zone borghesi alla moda.
Si sente, quando nel cinema c’è la vita. Dalla vita il cinema prende (in ispirazione) e dà (in emozioni). Così, anche se il cielo sopra Amburgo è grigio (e la regia ha volutamente mantenuto i colori smorzati), basta avere un’attitudine soul per colorarlo. Ce l'abbiamo noi, dopo aver visto il film, perchè riesce a trasmettercela. Ce l’ha Fatih Akin, che firma un’opera diversissima dalle precedenti, muovendo la macchina da presa a ritmo di musica, virando in blu le immagini delle notti in discoteca, montando in maniera musicale e veloce (il montaggio serrato in cui il nuovo chef insegna a cucinare a Zinos è ispirato agli allenamenti di Rocky). È una favola, certo, che si risolve come un film di Frank Capra, dove le cose vanno a posto per chi se lo merita (qui l’aiuto non arriva da un angelo ma da un vecchio marinaio e la sua camicia). È il film che serviva, che ci fa sperare che la nostra vita prenda la direzione giusta, anche se ci sembra di non sapere quale sia. In fondo, come diceva John Lennon, la vita è quello che ti succede mentre sei impegnato a fare altri progetti.
E' il film anti-crisi, della fiducia, della ripartenza. Una commedia irresistibile a ritmo di soul
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