Piacere di conoscerti, spero che indovinerai il mio nome. Ma cosa ti rende perplesso? È la natura del mio gioco. Si sente
Sympathy For The Devil a un certo punto di
Brooklyn’s Finest, il nuovo film di
Antoine Fuqua, presentato fuori concorso al Festival di Venezia. È un nuovo racconto di polizia corrotta, ideale seguito ed evoluzione di quel
Training Day che aveva rivelato il regista qualche anno fa. Non è un caso che si senta la canzone degli
Stones. Perché
Brooklyn’s Finest ha il pregio di parlarci del Diavolo (i poliziotti corrotti o falliti) ma anche di farci capire le loro ragioni.
C’è il poliziotto che ruba i soldi delle retate agli spacciatori e li tiene per sé, perché deve comprare una nuova casa per la moglie (che aspetta due gemelli) e i suoi figli (
Ethan Hawke). C’è l’infiltrato tra gli spacciatori, che è diventato uno di loro e per fare carriera dovrà catturare quello che ormai è un amico (
Don Cheadle). E c’è il poliziotto a un passo dalla pensione, depresso e alcolista, e con una carriera con pochi onori (
Richard Gere). È come se il personaggio di Ethan Hawke in
Training Day, che era un novellino puro e ingenuo, con il tempo si sia lasciato corrompere. È lui il personaggio chiave del film, quello più complesso e sfaccettato. È lui il Diavolo. Non lo giustifichiamo, né l’assolviamo. Ma sta facendo qualcosa per la sua famiglia, e possiamo capirlo. È proprio lui che all’inizio sentiamo fare un discorso su quello che è giusto e quello che è sbagliato. O al confessionale mentre dice al prete “sono un cattivo ragazzo”.
C’è un forte racconto morale dietro la facciata da poliziesco di
Brooklyn’s Finest. Una storia di delitto e castigo che riesce a conquistare. Il film di Fuqua ha tutto quello che ci si aspetta da un film del genere: è sboccato, violento, spinto, scorretto. Tra le scene destinate a colpire c’è quella di una fellatio che una prostituta fa al personaggio di Richard Gere. È un film solidissimo, muscolare ma anche profondo, che fa pienamente il suo dovere, e ha solo il difetto di essere troppo lungo e prolisso (140 minuti), di girare troppo intorno ai fatti prima di arrivare al dunque. Tutti i nodi vengono al pettine, e il Diavolo si manifesta come tale. Ma rimane la com-passione per dei personaggi destinati a perdere, consapevoli di valere “più da morti che da vivi”.