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RapeLay: libertà di espressione per i videogiochi nel rispetto della dignità umana

[del 10/02/2010] [di GameSushi.it ]
Milano, 10 febbraio 2010 – AESVI ha espresso ieri, per voce del Segretario Generale Thalita Malagò intervenuta alle celebrazioni del Safer Internet Day 2010, la propria posizione in relazione al dibattito sollevato dalla denuncia dell’associazione dei telespettatori cattolici AIART relativa al videogioco giapponese RapeLay e successive evoluzioni, a cui sono seguite le dichiarazioni di numerosi esponenti del mondo politico e dell’associazionismo.

Gli sviluppatori di questi videogiochi non aderiscono a nessuna associazione di categoria per l’industria in Italia o in Europa e non sono firmatari del codice di autoregolamentazione PEGI, che rappresenta lo standard di riferimento per la classificazione dei contenuti per l’industria professionale dei videogiochi nel mercato europeo.

Questi prodotti non sono da considerarsi videogiochi commerciali, non risultano disponibili in Italia né tantomeno in lingua italiana. Per utilizzare un paragone con un settore più conosciuto quale è il cinema, il collegamento esistente tra questi prodotti e l’industria professionale dei videogiochi è paragonabile a quello che c’è tra un film amatoriale e l’industria cinematografica di Hollywood.

Attraverso il codice di autoregolamentazione PEGI, l’industria dei videogiochi si impegna ad assicurarsi che il contenuto, la distribuzione attraverso qualsiasi mezzo, la promozione e la pubblicità dei videogiochi siano sempre conformi con le leggi e i regolamenti attuali e futuri a livello europeo e nazionale e sottopone i propri prodotti ad un procedimento di classificazione molto rigoroso prima dell’immissione sul mercato. L’industria dei videogiochi, pur ritenendo la libertà di espressione un valore fondamentale, è contraria a qualsiasi contenuto che possa essere in violazione della normativa esistente in materia di tutela dei diritti fondamentali, primo tra tutti la dignità umana. Questo tipo di contenuto è da considerarsi inaccettabile in ogni tipo di media, compresi i videogiochi.

Secondo le informazioni ad oggi disponibili[i], il videogioco “RapeLay” è un titolo giapponese sviluppato nel 2006 che è stato oggetto di numerose controversie in Giappone. Nel 2009 la Japanese Ethics Organisation of Computer Software (EOCS), organizzazione che opera nel campo della classificazione dei videogiochi per PC per adulti, ha annunciato il divieto di produrre videogiochi contenenti violenza sessuale simile a quella presente in RapeLay e ha richiesto ai distributori e ai rivenditori di astenersi dalla vendita/promozione di videogiochi con rappresentazioni di tale natura e di ritirare RapeLay dagli scaffali. Secondo EOCS il videogioco RapeLay non è ad oggi in vendita in nessuno dei maggiori punti vendita in Giappone.

Il videogioco era apparentemente destinato soltanto al mercato giapponese e, a quanto risulta, non era stata pianificata alcuna promozione e/o distribuzione in Europa. Si è rilevata una limitata diffusione del videogioco nel mercato inglese, dove il sito Amazon.com ha in ogni caso rimosso immediatamente il videogioco dal suo catalogo e i maggiori rivenditori lo hanno bandito dagli scaffali non appena è stato conosciuto il contenuto del gioco. Tuttavia, non può essere escluso che ci siano ancora copie del videogioco in circolazione e che queste possano essere ulteriormente riprodotte e distribuite illegalmente, in modo tale da circolare anche in Europa. Inoltre, attraverso la rete Internet qualsiasi consumatore potrebbe avere accesso a questo prodotto dall’estero.


[1] La risposta del 25.09.2009 del Commissario Europeo per la Società dell’Informazione e i Media Viviane Reding all’interrogazione parlamentare sul videogioco RapeLay è disponibile al link: http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-2009-3857&language=IT

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