Il Mistero di Rockford: Se non li vediamo, non per questo non li ricordiamo

Di   |   02 Dicembre 2011
Il Mistero di Rockford: Se non li vediamo, non per questo non li ricordiamo
Londra 1921, le ferite della Prima Guerra Mondiale non si sono ancora chiuse, la gente sotto choc cerca conforto nell’irrazionale, per consolarsi di tanti anni di tragedie, di tanti lutti e sofferenze. Molti cercano risposte nello spiritismo, diventando così facili prede di imbroglioni senza scrupoli. Ma anche togliere l’ultima illusione a persone straziate può essere crudele, quando la razionalità non basta a sostituire la perdita.
La giovane investigatrice Florence Cathcart è incaricata di smascherare i ciarlatani che fingono di dialogare con i defunti e di dimostrare scientificamente, con approccio quasi galileiano, la falsità delle storie di fantasmi. Ferita anch’essa da un lutto recente, oppressa da un’infanzia gravata da oscuri misteri, Florence è una giovane donna sola e vulnerabile, che nella scienza e nei suoi apparecchi pone totale fiducia, nel rifiuto razionale del trascendente. Questo lavoro però la logora, nonostante sia una donna dura e decisa, determinata a farsi spazio in un mondo di uomini (i tempi del femminismo sono lontanissimi). Viene chiamata a indagare in un austero collegio, che si dice infestato dallo spirito di un ragazzino, che ha provocato la morte di un giovane studente.
In un ambiente desolato e inquietante, farà molte angoscianti scoperte, dopo essersi illusa di aver smascherato colpe semplicemente umane, costretta da far i conti con i propri personali fantasmi, i più difficili da sconfiggere.

Dirige al suo esordio su grande schermo il “televisivo” Nick Murphy (Roma, Primeval), che scrive anche la sceneggiatura con Stephen Volk, autore della famosa serie degli anni ’90 Ghostwatch, oltre che di Gothic, Il bacio del terrore, L’albero del male. Inevitabili i rimandi a The Others o Orfanage, se si parla di una storia gotico/dark, con grigie brughiere di campagna, severi collegi, tetri e gelidi edifici e lunghi corridoi, stanze deserte e solitudine, ferite dell’animo, lutti mai elaborati. Solito interrogativo sul titolo italiano, davvero brutto. In originale era sobriamente The Awakening, Il risveglio, ma forse poteva ricordare il film con De Niro e Robin Williams, Risvegli, del 1990. Il mistero di Rookford è comunque un buon prodotto di genere che fa leva su tutto un consolidato ma sempre efficace repertorio di genere, scricchiolii e cigolii, porte che si muovono da sole, riflessi, penombre, effetti acustici invece che splatter (un paio di sobbalzi sono assicurati).
Si tratta di una storia di fantasmi vecchio stile, non horror ma thriller paranormale-psicologico, confezionata con eleganza, dalle atmosfere ben rese grazie anche alla fotografia di Eduard Grau (A Single Man, Buried) e alla colonna sonora di Daniel Pemberton.
La recitazione del cast è improntata a sobrietà e naturalezza: Rebecca Hall (The città, Vicky Cristina Barcellona) sotto l’apparenza disincantata e sicura di sé nasconde abissi di fragilità. Dominic West (protagonista dell’ottima serie The Wire), è un infelicissimo insegnante, un uomo in palese stress post-traumatico (ma allora non era riconosciuto). Imelda Staunton interpreta la solita ambigua governante, mentre il sensibile Isaac Hempstead Wright, uno dei protagonisti della serie tv Game of Thrones, è uno degli ospiti del collegio. Peccato per un finale che fa scendere il giudizio sul film (migliore il sottofinale), che alla fine lascia alquanto delusi, dopo uno svolgimento promettente.

Giudizio

  • Discreto prodotto di genere
  • 6/10