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Wonder

Che cos’è la meraviglia

di
Amore vuol dire protezione. Bene lo sa chi ama e vorrebbe proteggere la persona amata da ogni male (rileggere il testo della canzone La cura di Battiato, vera summa del pensiero). Benissimo lo sanno i genitori, coscienti che per di più le loro persone amate sono in condizione di debolezza nei confronti di un mondo cattivo. Che se è un mondo di bambini, può essere cattivissimo. La storia raccontata in Wonder è quella del piccolo Auggie, nato per sua sfortuna e per quella della sua famiglia troppo diverso, afflitto da una combinazione genetica che lo ha fatto uscire dalla pancia della sua mamma con un visto mostruoso e a rischio di cecità, di sordità (sindrome di Treacher-Collins).
 
Ventisei miracolosi interventi gli hanno ridato ogni funzionalità e un aspetto vagamente umano, ma non abbastanza da essere guardato dal suo prossimo senza un sobbalzo, senza morboso stupore. La sua meravigliosa, amorevolissima famiglia lo tiene al riparo da questo mondo pieno di potenziali aggressioni ma arrivato alla soglia delle scuole medie, Auggie, istruito fino a quel momento in casa, deve lasciare il nido e affrontare una scuola normale. Anche se fosse un normalissimo ragazzino i rischi sarebbero tanti, i bulli fioriscono dovunque, il conformismo dilaga, le ferite che il piccolino, che è pure molto intelligente e dotato, potrebbe subire sono infinite. Con tante difficoltà, con sofferenza ma anche con enorme forza di carattere, Auggie, la mamma, il papà e la sorella maggiore cercheranno di sostenerlo sempre, senza dimenticare che anche loro sono esseri umani e anche la loro vita deve andare avanti. Commovente e spiritoso, il film fa riflettere grandi e anche piccini (volendo si può portare senza tema di noia anche un bambino dell’età del protagonista), spostando il focus della narrazione fra i vari protagonisti, mostrando i diversi punti di vista. Wonder è un civilissimo film, tratto dal libro di R. J. Palacio (pseudonimo per Raquel Jaramillo), diretto da Stephen Chbosky, di cui ricordiamo il bel Noi siamo infinito, scritto dal regista insieme a Steve Conrad (The Weather Man, I sogni segreti di Walter Mitty e la surreale serie tv Patriot), e Jack Thorne (This is England, National Treasure), gente abituata a trattare il sentimento con humor. Dentro il casco spaziale usato come rifugio e sotto la pesante truccatura di Auggie, che non è né Elephant Man né il ragazzino di Dietro la maschera, c’è l’assai promettente Jacob Tremblay, visto in Room e poi ne Il libro di Henry. Gli adorabili genitori sono il tenerissimo Owen Wilson, lieve e spiritoso ma sempre affidabile, e Julia Roberts, che esprime con grande naturalezza i patemi più che condivisibili di una madre che si è annullata nel suo compito, ancora così bella che può permettersi di aprire un pacchetto-regalo citando la famosa gag di Pretty Woman. Il Preside che tutti vorremmo è Mandy Patinkin, il Saul di Homeland. Bravi tutti i ragazzini, che recitano con quella naturalezza professionale che contraddistingue i giovanissimi attori anglosassoni.
 
In Wonder Il tema diversità-bullismo è trattato con intelligenza, non si eccede in violenze o efferatezze psicologiche, la pressione non dilaga nel terribile mondo social, e la narrazione non indulge in pietismi eccessivi, perché mostra come non sia solo un aspetto indiscutibilmente diverso a rendere difficile l’integrazione, ma come infanzia e adolescenza siano periodi durissimi anche per chi diverso non è affatto. La “normalità” che rende sicuri di accettazione non esiste, la speranza che l’omologazione (e non solo nell’aspetto esteriore) metta al riparo da aggressioni è illusoria. E allora, senza nessuna garanzia di successo e felicità, “protezione” è preparare all’incontro con il mondo esterno e a tutto il suo carico di stress. Armarsi e partire. Inesorabilmente lontano dal cuore amorevole della famiglia, diventare grandi restando “umani” e diventare di conseguenza adulti decenti non sarà una strada facile per nessuno. Incontri con persone “speciali” possono aiutare molto.
 

Toccante, sinceramente

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