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Una doppia verità

The Whole Truth

di

La verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. Questa è una delle formule che per lo spettatore medio più rappresenta il sistema giuridico americano, sul cui funzionamento ormai siamo più informati di quello italiano, grazie alla quantità di valide serie tv, i cosiddetti legal drama, genere che sempre appassiona e il cui successo si deve attribuire volta per volta alla qualità del caso che viene trattato, alle descrizioni delle personalità degli avvocati e dei personaggi coinvolti, buoni o cattivi, oltre che di giudici e giurie.

Nel film Una doppia verità tutto funziona piuttosto bene, sotto la regia di Courtney Hunt, che non dirigeva lungometraggi dai tempi del bel Frozen River (in mezzo ha fatto buone serie tv) e scritto da Nicholas Kazan, anche lui inattivo da qualche anno. L'avvocato (Reeves) deve difendere il figlio di una cara amica (Zellweger), che ha ucciso il padre (Belushi), avvocato pure lui, confessando subito dopo il delitto. Poi si è chiuso nel mutismo più totale, mettendo in crisi il suo legale che non capisce quale strategia adottare, che non sa cosa sia realmente successo ma lotta, come ogni difensore che si rispetti, perché il suo assistito venga scagionato. L'avvocato ucciso era un eminente membro della locale buona società, ma dalla sfilza di deposizioni dei testimoni emerge una figura ben diversa. Tutto questo però non scagiona certo il ragazzo. Così l'avvocato procede a tentoni, fino ad un colpo di scena che getta nuova luce sull'accaduto. Ma sarà l'ultimo? La soluzione del delitto non è scontata come si potrebbe supporre, grazie a un successivo, estremo switch, che sul versante thriller è credibile e intrigante (a patto di rifletterci bene). Anche escludendo le menzogne di sostanza che i colpevoli dicono per necessità di sopravvivenza, tutti in fondo mentono, per pregiudizio, per soggettività, per presunzione, per mille motivi che rientrerebbero nella psicanalisi e dovrebbero restare lontani dai banchi dei testimoni, dove le decisioni conseguenti tali menzogne, anche in buona fede, possono avere drammatiche ripercussioni sul destino di una persona che rischia pesanti pene detentive, quando non la morte. Ma qualcuno mente proprio per salvarsi la pelle? Chi sarà e perché? Sobriamente impegnato il cast che vede un bel gruppetto di attori ben noti, cui si aggiungono Gabriel Basso, già notato nella serie The Big C, e Gugu Mbatha-Raw, giovane avvocatessa, troppo permeabili a dubbi morali per il mestiere che si è scelto. La meno plausibile per la parte è Renée Zellweger, non proprio rovinata dalle "correzioni" come a suo tempo Meg Ryan ma con i lineamenti davvero mutati, che smorfieggia come è abituata a fare, riuscendo poco credibile.

 

Discreto legal drama

6