Transformers: L’ultimo cavaliere
Bim Bum Bam Boh
di Giuliana Molteni •
Una bella storia non ha bisogno di complicazioni e lungaggini per essere raccontata bene. I problemi sorgono quando il soggetto è debole, la trama poco appassionante, perché quello che c’era di buono è già stato raccontato ma il “il cassetto” intima di andare avanti. Orami la saga dei Transformers sembrava avviata all’esaurimento e invece arriva adesso una nuova puntata, Transformers: L’ultimo cavaliere. Attesa da noi con curiosità e senza ostilità, perché pur con qualche flessione la saga sui giocattoli Hasbro, diretta da Michael Bay, uno che della spettacolarità ha un suo concetto molto forte, era riuscita a dare momenti di divertimento.
La mancanza di una trama degna di tal nome, tale da reggere la durata di un film “normale”, figuriamoci gli eccessivi 150 minuti di questo quinto episodio, è da addebitare agli sceneggiatori Art Marcum, Matt Hollowayì e Ken Nolan, insieme al sempre presente Akiva Goldsman. Che hanno purtroppo messo insieme una storia senza senso, non perché si parli delle antichissime origini, ma perché nel film i vari gruppi di personaggi nelle varie sotto-trame, all’interno di un frenetico susseguirsi di scontri, duelli e combattimenti, agiscono spesso insensatamente, almeno all’occhio di uno spettatore che si perde (alla fine stanco e annoiato) fra “spieghe” frequenti ma che non spiegano mai abbastanza, azioni illogiche, eventi immotivati, vani siparietti pseudo-comici, lungo i quali esplodono le scene d’azione. C’è troppo di tutto, in questo capitolo, a complicare una trama assurda, in cui fra l’altro l’amato Optimus Prime fa un po’ la figura del “babbo”, lasciandosi troppo facilmente abbindolare dalla subdola Quintessa, sua “creatrice” e madre del loro pianeta Cybertron, rivoltandosi contro chi ha invece sempre amato e protetto.
Bay rimette in scena Cade Yeager (un sempre valido Michael Wahlberg), che sotto la copertura di una sterminata discarica gestisce un rifugio per robot perseguitati dal Governo che li vuole sterminare tutti. Come sempre infatti la razza umana si accanisce sui vari personaggi “super” che invece si dannano per salvarci. Cade finisce in possesso di un medaglione medievale, perché lui è il Prescelto e questo innescherà il caos successivo. Tutto infatti ruota intorno al bastone di Merlino (un sempre amabile Stanley Tucci che compare per pochi minuti), che a lui era stato dato da un Transformer, dopo che aveva scoperto la loro astronave incastrata in una montagna nel lontano 484. Questo giustifica l’inserimento di una bella e cruenta scena di battaglia che apre il film in modo promettente. Con l’intervento dei Transformers Re Artù aveva vinto le sue battaglie e così nei secoli dei secoli era accaduto in altri momenti topici per la storia dell’umanità, perché i robottoni mai hanno smesso di fiondarsi sulla Terra. Questo bastone però è ambito dalla crudele Quintessa, perché le darà l’energia per assorbire il nostro sempre ambito pianeta, diventando una specie di MacGuffin su cui si scatenerà una caccia all’ultimo bullone, in una deriva alla Dan Brown. Intanto militari cattivi e militari “buoni” (Josh Duhamel) danno la caccia a Cade e soci, “aiutati” dai Decepticon cattivissimi, rimessi in liberta dopo un patto scellerato fra Governo e Megatron. Nel frattempo all’Havana, dove i robot vivono tranquilli, ritroviamo l’ex agente FBI Simmons (John Turturro), in un ruolo sulla cui utilità ancora ci interroghiamo, anche se rivedere Turturro fa sempre piacere. Rumble finale a Stonehenge, figurarsi. A tutto questo Bay aggiunge: un assistente di Cade, presunta spalla comica, che mai fa ridere; una ragazzina latina, orfana e ribelle, più irritante che altro, con un antiquato ma eroico robottino; un vecchio eccentrico lord inglese (Anthony Hopkins), che dovrebbe fare da trait d’union fra passato e presente, accudito da un caratteriale “Jeeves” meccanico stile C3PO; un’aristocratica giovane lady (Laura Haddock), colta e snob ma che non disdegna di giocare a polo (?), che figuriamoci se non darà una scrollatina al suo aplomb, innamorandosi del proletario Cade. Intorno una quantità eccessiva di Transformers, vecchi e nuovi, fra cui il caro Bumblebee, da mandare a sbriciolarsi in una quantità altrettanto eccessiva di scontri, con la solita abbondanza di mezzi meccanici di ogni genere, in terra e per aria e questa volta anche sott’acqua (c’è pure una parentesi su un sottomarino) e pianeti che collidono, frantumando metropoli.
Tornano insomma, ma aggravati, tutti i difetti/caratteristiche notati negli altri film (con l’eccezione del primo), le trame aggrovigliate, l’eccessiva durata, il montaggio super-frenetico, i finali che non finiscono mai, gli oggetti da trovare stile videogame (l’AllSpark, un oggetto finito sulla Luna, un misterioso “Seme”), la difficoltà nel conciliare l’azione con la commedia, i troppi robot che alla fine si confondono, l’azione così frenetica da risultare confusa. Quando si vedono macchine e camion avventarsi lungo le strade, visto che dietro la macchina da presa c’è Michael-il distruttore-Bay, che notoriamente enfatizza con la CG veri devastanti incidenti, ci si aspetta sempre qualcosa di grandioso a livello di crash, e invece questa volta quell’aspetto è sotto tono. Abbiamo visto il film in condizioni ottimali, in uno spettacolare IMAX 3D (Transformers 5 è stato girato completamente in questo formato con un 3D nativo), ma forse era meglio stare un po’ più distanti da uno schermo tanto affollato in cui tutti si sfracellano su tutto, tranne che nelle rare pause di dialoghi che dovrebbero spiegare cosa stia succedendo e perché, senza riuscirci mai, oppure quando i protagonisti sono impegnati a scambiarsi battutine risibili, mentre robot, mezzi meccanici e pianeti si sbriciolano lanciando frantumi in faccia allo spettatore ormai satollo di distruzioni planetarie. Niente scena alla fine dei titoli di coda, ma una subito dopo la fine del film, che sta a dimostrare l’intenzione di non piantarla lì. Perché anche in questo caso si sta mirando alla Gang Bang, alla creazione di un Universo Hasbro che si intrecci in futuro con i marchi di G. I. Joe o M.A.S.K. Tutti vogliono il loro crossover.
Di più, sempre di più, di tutto
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