The War – Il pianeta delle scimmie
Ape-pocalypse
di Giuliana Molteni •
Se cane non mangia di cane, scimmia non uccide scimmia. Questo è il rovello che ancora tormenta Cesare, l’evolutissima scimmia protagonista anche del terzo capitolo che dal 2011 ha ripreso la serie di film iniziata nel 1968, serie celeberrima, ricca a sua volta di sequel e serie tv, tutti derivati dal fortunato romanzo di Pierre Boulle, scritto nel 1963.
Il fantasma di Koba, da lui forzosamente eliminato, lo perseguita con le sue scelte sbagliate ma che Cesare arriverà tristemente a comprendere a condividere. Dopo le celeberrime note del logo Fox eseguite da corni e tamburi di battaglia, lo ritroviamo con il suo popolo, nascosto nella foresta in cerca di una via di fuga dall’esercito che li sta braccando e decimando. Ma subisce un lutto devastante e sceglie coscientemente di abbandonare la sua gente per andare a prendersi la sua vendetta sul responsabile. Che è uno spietato Colonnello, così spietato da essere inviso anche al resto dell’umanità sopravvissuta.
Ma in questo caso il nemico del mio nemico non diventa mio amico, perché tutti gli umani temono e desiderano sterminare le scimmie. Nel suo viaggio lo seguiranno due coraggiosi e fedeli amici, ai quali si aggiungeranno lungo il viaggio un mite scimpanzé da zoo e una bambina, un’umana rimasta abbandonata. Ma oltre che un revenge movie The War è anche un film di evasione stile “Grande fuga”, perché l’esercito ha messo in piedi un bel campo di prigionia, dove Cesare finisce prigioniero insieme ai suoi, uno di quei campi che gli uomini sono così bravi a organizzare, dove le scimmie devono lavorare come schiavi, senza cibo né acqua, brutalizzate ad ogni infrazione, in attesa dell’eliminazione finale. Anche se l’aggancio diretto all’antica trilogia non si verifica direttamente, questo finale non delude affatto, anzi colpisce per realismo e drammaticità.
Già sequel di una saga che era di apocalittica cupezza, questo terzo episodio di grande spessore narrativo mette in campo molti spunti interessanti, a chi avesse voglia di riflettere. War diventa infatti clamorosamente un film di guerra (come era successo anche se diversamente con Rogue One), la lotta tragica di una minoranza per sopravvivere, e sarà alla formazione dello spettatore riconoscere nelle scimmie altre etnie, sfruttate, schiavizzate, sterminate dall’uomo “bianco”, nella sua distruttiva espansione, nella sua cieca voglia di sopraffazione, di violenza, nella sete di genocidio. Anche se questa volta i virus giocano per la minoranza, rendendo l’umano vulnerabile, inferiore. Infatti quel prodotto di laboratorio che, ricercato per sconfiggere l’Alzheimer, aveva fatto evolvere le scimmie causando invece lo sterminio dell’umanità, non avrà finito di evolversi, agendo in modo particolarmente crudele, un contrappasso che certo si merita l’umanità odiosa (tranne poche, pochissime eccezioni) che la saga ci ha fatto conoscere. Un sublime Woody Harrelson si incarna in una specie di Kurtz deviato, ossessionato dalla “bestialità”, responsabile di gesti di crudeltà efferati, attore che da sempre dà il suo meglio con personaggi deviati, disturbati inquietanti (doppiato per fortuna dal solito ottimo Roberto Pedicini). Cesare, novello Mosè che deve traghettare il suo popolo verso la salvezza, è reso come al solito da Andy Serkis, per il quale si dovrebbe inventare un Oscar speciale, che grazie a una CG divina (nel senso che rende le scimmie a perfetta somiglianza degli attori “veri”, quanto a espressività) conferisce una mimica emozionante al suo personaggio. Ma tutte le scimmie del film (new entry nel cast di Steve Zahn) sono eccelse, tutti i “trucchi”, la tecnologia eccelsa impiegata nel film, sono stupefacenti, grazie al lavoro magnifico della Weta di Joe Lettieri (Oscar per Avatar, Il Signore degli Anelli e King Kong).
Onore al merito a Matt Reeves (il precedente Apes Revolution, Cloverfield, Blood Story), qui anche sceneggiatore insieme a Mark Bomback (Total Recall, Wolverine, Apes Revolution), che conduce onorevolmente in porto l’operazione. Unico dubbio, il film è così cupo e drammatico da rendere incerti nel consigliarlo ai bambini. Come sempre nelle catastrofi che annientano l’umanità, noi e sempre solo noi siamo la causa dei nostri mali, illusi nel migliore dei casi, nel peggiore cinici profittatori o indifferenti aguzzini, sempre egoisti ed arroganti. La buona volontà di pochi non basta. Tutta l’evoluzione allora a cosa è servito? Forse è meglio tornare indietro. Niente scene dopo i titoli di coda.
Bello, plausibile
8