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Ocean’s 8

Donne che corrono da sole

di

Debbie Ocean, sorella del mitico Danny Ocean, viene rilasciata dopo quasi sei anni di galera, nei quali ha messo insieme un piano dettagliatissimo per rubare 150 milioni di dollari tutti in gioielli, che saranno esposti durante l’annuale galà del MET a NY, evento mega-mondano. Per farlo deve mettere insieme il solito gruppo di ladre/truffatrici/ esperte informatiche e via dicendo, che dopo adeguata preparazione eseguiranno quanto accuratamente programmato. Debbie non manca di infilarci dentro anche una sua vendettina personale. Per giustificare la definizione “spin-off”, si nomina Danny Ocean, si mostra la sua tomba (ma dobbiamo crederci?), appaiono fuggevolmente due personaggi “storici”, Elliott Gould e il minuscolo acrobata orientale Shaobo Qin. Per il resto assistiamo a un film sul solito colpaccio iperbolico, per la cui esecuzione si devono usare vecchi trucchi da prestigiatore uniti alle solite avanguardie tecnologiche, in un contesto che più glamour non si può, con vestiti di stilisti elencati alla fine, gioielli spettacolari, guest star celeberrime (sul red carpet del MET sfilano anche le vere Katie Holmes, Kim Kardashian, Serena Williams, Heidi Klum e altre notissime modelle). Dirige con tocco patinato Gary Ross, Soderbergh si limita a produrre. Notazione marginale sul doppiaggio, non si possono sentire Rihanna e sorella che parlano come due coatte burine per rifare la parlata giamaicana. Mestizia infinita anche se per poche battute, fortunatamente. Non ci sono scene post-credits, inutile aspettare George Clooney. La struttura è la solita, la presentazione del personaggio, il reclutamento dei soci, la preparazione del colpo, l’esecuzione, qualche piccolo incidente di percorso e la conclusione, in cui vediamo che il delitto paga, eccome. Ma la differenza la dovrebbe fare il fatto che le protagoniste sono solo donne (Richard Armitage è l’unico personaggio maschile ma non da protagonista e compare brevemente James Corden). Che sono tutte bellissime e brave, sono solide professioniste, alle notissime Bullock, Hathaway (il personaggio migliore), Blanchett (la più “maschia”), Bonham-Carter, Paulson, si affiancano Rihanna e due meno note, le esotiche Mindy Kaling e Awkwafina. Ma perché? Per protesta nei confronti di un’industria che ha sempre privilegiato gli attori maschi, per dimostrare che si può fare un film di successo, di un genere tipicamente maschile, anche con delle donne? Può darsi, viviamo tempi di rivalsa, di denuncia, anche questo film potrebbe subire letture politicamente stiracchiate. Sul movimento Metoo abbiamo alcune riserve, quando le denunce diventano crociate e si fa di tutte le erbe un grossissimo fascio da buttare subito nel rogo e guai ai distinguo, deragliare è facile. Si parte bene insomma, da una chiara zona ben delimitata, e si finisce in territori fumosi per rifarsi di anni di bile ingrossata da troppi rospi inghiottiti (o baciati a forza). Questo per dire che, pur da donne, siamo andate a vedere questa versione di Ocean’s Eleven al femminile con molte riserve (avrebbero potuto farla solo con neri o gay o transgender o indiani d’America e via enumerando tutte le categorie vittime a diverso titolo della discriminazione maschilista). Al netto da queste riflessioni ci ha comunque lasciato abbastanza fredde, per la mancanza di simpatia che le protagoniste suscitano, neanche il minimo confronto con il gruppo di rapinatori dei film “maschi”. Manca la leggerezza, manca l’ironia, c’è la bellezza ma manca il fascino. E per raggiungere la vera parità, Sandra Bullock dovrebbe smettere di levigarsi a forza di filler e chirurgia estetica che la rendono disturbante alla vista, di una levigatezza così estrema e palesemente artificiale da far pensare a una correzione in CG. Tutte le protagoniste sono splendidamente “rifatte”, o levigate artificialmente non si sa se da truccatori che usano stucchi invece che fondotinta o da computer. Ma finalmente esibissero non diciamo il disfacimento, ma almeno una pieghina a dimostrare il passare del tempo, ugualmente forti della loro bellezza, del loro potere, della loro bravura. Come si possono permettere gli uomini, che più sono belli da giovani più sembrano smaniosi di mostrare la prima ruga, una borsa sotto l’occhio, una fronte vissuta. Questa sarebbe una grandissima dimostrazione di potere, e invece….

mancano gli uomini

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