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I segreti di Wind River

Il Grande Gelo

di
Anche se siamo nel 2018, Cory (Renner) è un cacciatore bianco. Nel gelo innevato del nord Wyoming, in collaborazione con lo sceriffo, tiene sotto controllo i predatori, puma e lupi, che assediano gli insediamenti umani, troppo contigui a zone ancora selvagge. Ma tutto è metafora. Perché Cory, che protegge ranch e greggi, è stato incapace di proteggere il suo territorio e qualcuno, qualche belva umana, anni prima gli ha ammazzato la figlia. Anche un’altra giovane ragazza viene trovata nella neve, morta mentre fuggiva da qualcosa che non si sa. Siamo in zona di riserva indiana e tocca chiamare l’FBI, che, manifestando scarso interesse, manda una giovane agente sprovveduta, nemmeno adeguatamente vestita. Ma è una giovane donna anche lei e la colpiscono l’impegno di Cory e la serietà di altri poliziotti indiani della zona, che cercano di fare quello che possono, con gli scarsi mezzi e un immenso territorio. La ragazza si convince a legittimare l’inchiesta e proseguire nelle indagini. Ma Cory è un solitario, uno che sa seguire le tracce e riconoscere i predatori meglio di qualunque poliziotto. Basterà cercare fuori, lontano da famiglia e affetti, dove scorrazzano belve che sono tanto più spietate e impietose dei puma e dei lupi che si aggirano intorno alle spaurite greggi. Fuori non c’è il Grande Freddo della solitudine senza amici, c’è il Grande Gelo degli esseri umani senza anima, rattrappita dall’immensità di luoghi bellissimi allo sguardo, ma in cui l’essere umano può perdersi, dove la landa desolata contagia con la sua indifferenza spietata i cuori dei più gretti. Ma colpevole è l’essere umano stesso, che ha creato situazioni tali da generare mostri. L’ambientazione e il discorso generale (la solitudine e la desolazione che abbrutiscono, la lontananza di un potere legale che non può proteggere, l’illusione di impunità perché nella Natura vince il più forte, il più violento) ricordano film come A Single Shot, con Sam Rockwell, Go with Me o Out of the Furnace. A tratti come un mantra risuonano in voice over bellissime parole in lingua nativa, “Lontano dal tuo sguardo amorevole…”, come a sottintendere che non c’è salvezza al di fuori della cerchia degli affetti, e su questa linea prosegue la bella canzone sui titoli di coda, la ballata Feather di William Wild. La colonna sonora è di Nick Cave e Warren Ellis.Taylor Sheridan, dopo aver scritto la sceneggiatura di Sicario e Hell or High Water, vergognosamente mai distribuito in Italia, scrive e dirige un’altra delle frontiere americane del nuovo millennio, chiudendo una narrazione di esemplare sobrietà, che coinvolge e tocca con un finale che rimanda al Cacciatore di Cimino.
 

Bello, semplicemente

8