Giochi di potere
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Quello di Michael Sullivan è un nome poco noto ma la storia che lo vede protagonista avrebbe meritato maggiore esposizione. Viviamo però in un mondo sepolto dalla corruzione e la sua storia si è persa in mezzo a mille altre. Figlio di un diplomatico ucciso a Beirut nel durante l’attentato all’ambasciata americana, Michael entra nella carriera diplomatica nel 2002, a 24 anni. Si trova subito a fianco del sottosegretario delle Nazioni Unite Pasha, da anni rispettata figura di riferimento dell’ambiente, perno del progetto Oil for Food voluto fra il 1995/96 da Clinton per mitigare le conseguenze delle sanzioni all’Iraq dopo la prima guerra del Golfo del 1990. Si acquistava cioè petrolio da loro, nonostante l’embargo e in quantità contingentate, in modo che almeno il 65% del ricavato fosse impiegato per fornire cibo e generi di prima necessità alla popolazione civile. Ma quando i fiumi di denaro sono così vasti, i controlli sono volutamente labili ed è facile creare ramificazioni ad uso di pochi, loro sì privilegiati. Invece il governo di Saddam (e altri dopo la sua caduta) usava le vendite per creare fondi neri, utilizzati all’inizio per varie manovre di corruzione, atte a ricompensare chi si fosse speso contro le sanzioni all’Iraq, poi anche per l’acquisto di armi e per arricchimento personale. Ancora molti anni dopo si è arrivati all’incriminazione di uomini politici e faccendieri e di grandi società come Total e si è vociferato anche sul coinvolgimento del “nostro” Formigoni. Nello scandalo era rimasto coinvolto anche il figlio di Kofi Annan, allora Segretario Generale dell’ONU, gettando sul padre ombre imbarazzanti. Divenuto pupillo di Pasha, grazie anche al ricordo lasciato dal padre, Michael finisce subito sul campo di battaglia, nell’Iraq di Saddam del 2003, alleato americano prima che gli interessi economici della classe dirigente spostassero l’attenzione bellica dall’Afghanistan all’Iraq, con il famoso pretesto delle armi di distruzione di massa (nel film si vede la relativa deposizione del generale Colin Powell). Il progetto consentiva nella triste pratica (tutto il mondo è paese in quanto a ciniche ruberie) di mettere comodante le mani su un paese devastato da guerre e miseria ma grondante petrolio. Michael, pur non essendo mai stato un idealista illuso, inizia subito a comprendere la portata della corruzione da cui è infettato l’ambiente, grazie anche alla sua relazione, che diventerà amore, con una giovane curda che crede di potersi muovere incolume fra servizi segreti e faccendieri russi. Ma esita a denunciare, a tirarsi fuori. La CIA intanto sta indagando sul troppo potente Pasha e pressa il giovane segretario per indurlo a parlare. Giochi di potere è un titolo anonimo fra l’altro già usato per il film di Phillip Noyce del ’92, con Harrison Ford, e pure come sottotitolo italiano per la Miss Sloane di Jessica Chastain, in originale il film più appropriatamente è Backstabbing for Beginners (pugnalate alle spalle per principianti). Come d’uso sui titoli di coda vedremo i veri protagonisti, in realtà il cognome di Michael è Soussan, dal cui libro di memorie autobiografico è tratta la sceneggiatura scritta dallo stesso regista, il danese Per Fly, insieme a Daniel Pyne (lunga carriera, la serie Bosch, The Manchurian Candidate, diversi thriller e commedie d’azione, anche episodi di Miami Vice). Buona prova di Theo James, sobrio come l’esposizione della vicenda, scelta quasi obbligata del casting per Ben Kingsley, l’infido Pasha (in realtà il nome è Benon Sevan, che oggi è in dorato esilio nella sua Cipro). Ricompare anziana ma sempre bella Jaqueline Bisset, nel ruolo della responsabile ONU a Baghdad, sua rivale. Questo Giochi di potere è un film scarno, essenziale, quasi un documentario informativo con poche concessioni alla fiction, così poche che infatti non riescono a vivacizzare una vicenda tristemente vera, che è costata vite, miliardi di ruberie ma che ha visto pochissimi pagare il fio. Lo spettatore abituato a vederne e sentirne di ogni si sta anestetizzando e lo sconforto è inevitabile ma di maniera. Ormai per scuotere l’audience si dovrebbe trovare una storia pulita dove dall’inizio alla fine tutti i protagonisti si comportano onestamente. Se ne uscirebbe sconvolti.
sobrio, informativo
7