A quiet place - Un posto tranquillo
Respira piano per non far rumore
di Giuliana Molteni •
La vita è “una favola piena di rumore e di furore” (Shakespeare). Già il Bardo dunque se ne era accorto, nel lontano 1500 che la vita degli umani è un caos rumoroso. Figurarsi se fosse vissuto oggi, dove al frastuono dei motori dei mille mezzi meccanici che usiamo, ai tanti suoni emessi dai computer che ci portiamo in tasca, al chiasso in generale che maleducatamente facciamo, si assommano le più silenziose radiofrequenze e i segnali wireless che ci trapassano costantemente. Sarà per questo, per qualche misteriosa mutazione, sarà non si sa perché (creature aliene?) ma nel film A Quiet Place ritroviamo l’umanità decimata dall’invasione di una miriade di mostruose creature, ferocemente voraci, simili ai giganteschi aracnidi di Starship Troopers, incrocio di mostri degni di Silent Hill o Resident Evil e anche Stanger Things, semi-antropomorfe, cieche però, ma dotate in cambio di un udito finissimo che compensa l’handicap. L’unica arma di difesa per i sopravvissuti è restare in assoluto silenzio, non produrre il minimo rumore, neppure il tintinnio di una posata sul piatto. Facile a dire, meno a fare. Al 98esimo giorno di invasione, conosciamo la famigliola degli Habbott, che si sposta (silenziosamente) per fare provviste dalla fattoria in mezzo ai boschi alla devastata cittadina vicina, per recuperare (silenziosamente) quanto possibile, scalzi, comunicando solo a gesti. La ragazzina è sordomuta e loro conoscono il linguaggio dei segni, anche se il padre lavora instancabile ad artigianali apparecchi acustici per aiutarla. 472 giorni dopo sono ancora là, ma la moglie è vicina al parto di una creatura messa improvvidamente in cantiere. Improvvidamente perché come si può pensare di ridurre al silenzio un neonato? Nella precisa organizzazione del gruppo qualcosa si incrina, qualche errore, qualche imprudenza costano carissimi. Ce la faranno i nostri eroi a restare uniti e a sopravvivere come una famiglia dai normali legami in un mondo abnorme?
John Krasinski partecipa alla sceneggiatura (con Bryan Woods e Scott Beck), dirige e interpreta insieme a Emily Blunt, sua moglie anche nella vita vera. I ragazzini sono Noah Jupe (il ragazzino buono di Wonder) e Millicent Simmonds, nella vita sordomuta per davvero. I mostri sono opera di Scott Farrar (Transformers, Chronicles of Narnia, A. I. , Cocoon) e Jeffrey Beecroft (Balla coi lupi,12 Monkeys, Transformers: Age of Extinction). A patto di ampliare leggermente la necessaria sospensione dell’incredulità, indispensabile per il genere horror, A Quiet Place è un film godibile, perché pieno di situazione atte a creare suspense, pur trovando nei comportamenti umani quella esilarante vena autolesionista che è tipica di questo genere di film. Ma il ritratto della famigliola nella sua intimità e la descrizione del contesto esterno sono efficaci, la forza del legame che li unisce si avverte, la tensione che aleggia pur nei momenti più prevedibili è indiscutibile, rendendo così il film migliore di un semplice horror, di un convenzionale survival, di uno dei tanti film di assedio, più credibile di altri post-apocalisse. Stay silent, stay alive, che detto oggi assume un significato particolare perché i sentimenti veri si possono esprimere senza parole o con pochissimi gesti, senza starnazzarsi addosso come usa. Ottima anche la colonna sonora di Marco Beltrami che aggiunge tensione alla narrazione e mai nei soliti abusati modi.
valido, con qualche contraddizione
7