40 sono i nuovi 20
Il doppio di 20
di Giuliana Molteni •
Certe volte a leggere la sinossi non si andrebbe nemmeno all’anteprima. Certe volte si prevede sconsolati di rivedere la solita riproposizione di luoghi comuni, la solita sfilata di stereotipi, conditi magari con il solito humor greve, che ormai finisce per saturare anche le commedie sentimentali. Certe volte si ha ragione, certe volte no.
E ne è la conferma 40 sono i nuovi 20, che fa pensare malissimo grazie allo sciocco titolo italiano (in originale era semplicemente Home Again), che vorrebbe forse solleticare quel pubblico che invece una commedia così mai andrebbe a vederla.
Alice (Reese Witherspoon), fresca di separazione da un marito ancora amato, torna a L. A. per rifarsi una vita, insieme alle due figliolette, con il supporto dell’ancora bella madre (Candice Bergen). Che è stata la musa del padre di Alice, un noto regista (stile Cassavetes), una di quelle figure paterne assenti ma fascinose, che nel bene e nel male lasciano lunghe tracce intorno a sé. In crisi per i suoi primi 40 anni, incontra tre ragazzi (un gruppetto stile Entourage), che freschi del successo di un loro corto sulla costa est, sono stati richiamati nella vorace Hollywood per fare un film. Sono in balia degli Studios e bisognosi di materna assistenza, di guide spirituali. Finiscono ospitati nella bella casa di Alice, che gronda della memoria del padre, un mito per i ragazzi. Dei quali uno, Harry, provoca in Alice sentimenti non proprio materni, del resto ricambiati con entusiasmo. Mentre i tre cercano di cavarsela nella giungla hollywoodiana, mentre la madre di Alice sovraintende soave al nuovo gruppo famigliare e i ragazzi si ritagliano diverse forme di assistenza per Alice e per le due figlie, sopraggiunge anche il quasi ex-marito (Michael Sheen), insospettito dalla strana convivenza. La storia raccontata anche così sembra poco originale, ma l’amalgama lieve di tanti temi già trattati, la creazione di un inedito gruppo famigliare dove tutti si supportano (perché fuori fa così freddo e soli si muore), la bravura di un cast ben scelto e ben diretto, fanno di 40 sono i nuovi 20 una gradevole commedia, che riesce a far sorridere più del previsto.
Senza mai eccedere nella farsa, senza creare situazioni al limite della credibilità (grazie anche alla bella prova di tutto il variegato cast), scrive e dirige Hallie Meyers-Shyer, attrice oltre che novella sceneggiatrice e regista che ben promette, figlia della mitica Nancy Meyers, che qui figura come produttrice oltre che, immaginiamo, come nume tutelare. Chissà come andrà avanti questa simpatica famiglia allargatissima, senza margini, dove i giovani sono troppo grandi per essere figli e i grandi non sono abbastanza grandi da essere adulti e i piccini sono già quasi grandi e i vecchi semplicemente rifiutano di avere già percorso tanto di quel breve tempo che abbiamo a disposizione. Quindi perché sprecarlo oppressi dai luoghi comuni, stretti dentro regolette assurde, con irrigidimenti inutili? Tutti rivendicano il diritto a vivere senza ruoli, riscrivendo le regole in corso d’opera. Come non essere d’accordo?
Alice (Reese Witherspoon), fresca di separazione da un marito ancora amato, torna a L. A. per rifarsi una vita, insieme alle due figliolette, con il supporto dell’ancora bella madre (Candice Bergen). Che è stata la musa del padre di Alice, un noto regista (stile Cassavetes), una di quelle figure paterne assenti ma fascinose, che nel bene e nel male lasciano lunghe tracce intorno a sé. In crisi per i suoi primi 40 anni, incontra tre ragazzi (un gruppetto stile Entourage), che freschi del successo di un loro corto sulla costa est, sono stati richiamati nella vorace Hollywood per fare un film. Sono in balia degli Studios e bisognosi di materna assistenza, di guide spirituali. Finiscono ospitati nella bella casa di Alice, che gronda della memoria del padre, un mito per i ragazzi. Dei quali uno, Harry, provoca in Alice sentimenti non proprio materni, del resto ricambiati con entusiasmo. Mentre i tre cercano di cavarsela nella giungla hollywoodiana, mentre la madre di Alice sovraintende soave al nuovo gruppo famigliare e i ragazzi si ritagliano diverse forme di assistenza per Alice e per le due figlie, sopraggiunge anche il quasi ex-marito (Michael Sheen), insospettito dalla strana convivenza. La storia raccontata anche così sembra poco originale, ma l’amalgama lieve di tanti temi già trattati, la creazione di un inedito gruppo famigliare dove tutti si supportano (perché fuori fa così freddo e soli si muore), la bravura di un cast ben scelto e ben diretto, fanno di 40 sono i nuovi 20 una gradevole commedia, che riesce a far sorridere più del previsto.
Senza mai eccedere nella farsa, senza creare situazioni al limite della credibilità (grazie anche alla bella prova di tutto il variegato cast), scrive e dirige Hallie Meyers-Shyer, attrice oltre che novella sceneggiatrice e regista che ben promette, figlia della mitica Nancy Meyers, che qui figura come produttrice oltre che, immaginiamo, come nume tutelare. Chissà come andrà avanti questa simpatica famiglia allargatissima, senza margini, dove i giovani sono troppo grandi per essere figli e i grandi non sono abbastanza grandi da essere adulti e i piccini sono già quasi grandi e i vecchi semplicemente rifiutano di avere già percorso tanto di quel breve tempo che abbiamo a disposizione. Quindi perché sprecarlo oppressi dai luoghi comuni, stretti dentro regolette assurde, con irrigidimenti inutili? Tutti rivendicano il diritto a vivere senza ruoli, riscrivendo le regole in corso d’opera. Come non essere d’accordo?
Gradevole
7