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La ragazza nella nebbia

L’inquietante quieta provincia

di
Donato Carrisi è un personaggio molto noto, come scrittore oltre che giornalista, vincitore anche di un premio Bancarella. Dopo anni di successi, ha preso la decisione di portare su grande schermo un suo romanzo del 2015, La ragazza nella nebbia, scrivendo la sceneggiatura e occupandosi anche della regia. Si racconta la cupa storia della scomparsa della povera Anna Lou, ragazzina dai rossi capelli di religiosa famiglia, che una notte poco prima di Natale semplicemente scompare nel nulla. A indagare arriva l’agente speciale Vogel, discusso per i suoi spregiudicati metodi investigativi, uno per il quale il fine giustifica i mezzi. La località dove il fattaccio è avvenuto è un depresso paesino sul fondo di una vallata che ha perso ogni interesse turistico, dove tutti conoscono tutti senza sapere davvero niente di nessuno. Vogel, che fa un uso spregiudicato dei mass media, pur scottato da un suo caso precedente malamente concluso, si butta a capofitto dietro quello che per lui è l’unico colpevole possibile e fa sbattere un mostro in prima pagina. Ma ignora di essere finito in un gioco rischioso, nel quale l’assassino saprà sfruttare a proprio vantaggio quella che è la massima preferita del poliziotto: il peccato più sciocco del diavolo è la vanità.
 
Spiace constatare che lo scrittore Carrisi, indubbiamente capace di creare storie complesse e avvincenti (e anche questa sulla pagina scritta lo è) e abituale frequentatore di set cinematografici, non sia riuscito altrettanto bene in questo suo esordio come sceneggiatore e regista. La narrazione infatti non riesce a intrecciare agevolmente i vari fili della storia, lasciando nel finale molte incertezze (che in un thriller è colpa grave), perché non si dà modo allo spettatore, anche se attento, di arrivare anche lui a una conclusione soddisfacente, costringendo a ricorrere al romanzo per chiarirsi le idee. Sul versante della descrizione dei personaggi non si va molto meglio, perché sono tutti eccessivamente caricati, privi di realismo e pertanto poco plausibili. Perfino la colonna sonora di Vito Lo Re risulta incongrua. Carrisi ambienta la vicenda in un non-luogo, in un non-tempo che consente qualche citazione cinematografica da decrittare a piacimento, senza riuscire a rielaborare il suo romanzo, sottovalutando la necessità di un diverso metodo narrativo, quando si traduce la pagina scritto in immagini. Toni Servillo ormai sembra seguire un percorso simile a De Niro, nel senso che porta la sua “maschera” (la sua faccia con l’espressione “alla Servillo”) in quasi ogni personaggio, a meno di trovare un regista di polso capace di dirigerlo nella direzione voluta. Qui non succede e spesso Vogel scade nella macchietta, del tutto improbabile come responsabile di un’indagine di quel tipo. Inoltre ci auguriamo vivamente che nella realtà la Polizia agisca ben diversamente perché nel film tutti tengono comportamenti che farebbero inorridire quelli di CSI. Alessio Boni è sufficientemente ambiguo per interpretare il professore, vittima predestinata. Jean Reno si doppia in italiano per il suo personaggio, lo psichiatra che raccoglie le confidenze di Vogel. Altri personaggi improbabili sono la giornalista televisiva d’assalto, affidata a una Galatea Ranzi simil-Barbara D’Urso, e una poliziotta in look Fargo cui si presta poco convintamente Michela Cescon. Scialbe comparse quasi tutti gli altri. Un generale tono recitativo fasullo, innaturale, declamato, fa calare ancora la credibilità complessiva.

Tags: donato carrisi, Thriller, Medusa