There was a boy, a very strange boy, enchanted boy…
Quattrocento anni sono passati e le parole da lui scritte arrivano ancora come frecce nel cuore, come lampi nel cervello (scusate la retorica ma siamo appassionate di William Shakespeare e rigettiamo con un alzata di spalle qualunque ipotesi fantasiosa sulla sua non-esistenza).
Un Talent per la libertà
C’è sempre un prima e un dopo e spesso le cose nel dopo vanno così male da renderci nostalgici di un prima che pure non era esaltante. Il film L’idolo è ambientato a Gaza, territori palestinesi occupati, una striscia fra il confine di filo spianto con Israele e il mare. Nel 2006 il ragazzino Mohammed Assaf, insieme alla volitiva sorellina e ai due amici del cuore, scorrazza liberamente nella città per assecondare la passione musicale che condividono.
Una colletta, per favore, per De Niro
Jason (Efron) è un giovane avvocato con un bastone infilato dove comunemente si infila, prossimo alle nozze con una bella e ricca fanciulla, anche lei munita del suddetto bastone in medesima posizione. Jason è ben incastrato nel suo studio legale, lavora per il padre, altro alquanto irrigidito, e per il suocero. Insomma è cotto e mangiato.
Birkenstock vs Louboutin
Lucia (Margherita Buy) è la solita nevrotica, ansiosa, psicoterapeuta di animali a colpi di yoga, zen e quante altre filosofie orientali si possa immaginare. Ovviamente è una ecologico-chic, minimal nel look e nell’approccio con la vita, cibo compreso. Fabiola (Claudia Gerini) è un’aggressiva agente immobiliare per miliardari, ricca, prepotente, scorretta. Vistosa e chiassosa pure, insomma l’esatto opposto di Lucia.
“All Gone to Look for America”
Tracy (Lola Kirke) si trasferisce a NY per trovare la sua strada (vorrebbe fare la scrittrice) e, sola nella metropoli, va a cercare quella che diventerà la sua sorellastra, Brooke (Greta Gerwig), perché i rispettivi mamma e papà stanno per risposarsi, in cerca di una second chance in età avanzata (non si smette mai).
Strane idee
L’eroico agente Bill muore sotto le inumane torture di un criminale spagnolo, noto miliardario che si atteggia a V per vendetta delle masse, mentre in realtà vuole impossessarsi dei codici di accesso all’armamento americano, per poter sparare demagogicamente missili a destra e a manca. I piani sono stati sottratti dal solito hacker alla Snowden e il responsabile, che non si era ben reso conto del pasticcio in cui si andava a cacciare, è braccato da tutti e aspetta invano aiuto dall’eroico defunto Bill, pianto nel frattempo dall’amatissima moglie e dalla tenera figlioletta.
É tutto soggettivo
Negli ultimi anni si è spesso lamentato che il cinema rubasse trame, idee, personaggi e stili narrativi dal mondo dei videogames (detto ovviamente nell’accezione negativa), oltre ad abusare di computer grafica. Il pubblico qualche volta ha apprezzato, talvolta meno, a seconda del valore del risultato finale.
Il ragazzo che correva con i lupi
Il notissimo libro di Rudyard Kipling, scritto nel lontano 1894, era già stato trasposto su grande schermo nel 1942, con attori veri. Ma soprattutto a restare nella storia è stata la “storica” versione fatta dalla Disney nel 1967, un “cartone animato” entrato di diritto nei grandi classici della benemerita ditta (rifatto in forma di sequel sempre in animazione “piatta” nel 2003). Ricordiamo anche un’altra versione nel ’94 con un Jason Scott Lee un po’ Tarzan e animali veri.
Feccia del mondo unita!
Sacha Baron Cohen, un nome, un marchio. Cosa aspettarsi da questo personaggio, che si scrive addosso i personaggi, spingendo sempre più in altro l’assicella della “politica correttezza”, prendendo in giro tutto il prendibile, uomini e donne e bambini, arabi, inglesi, americani, europei, israeliani, russi, ogni religione e moda, idoli dello spettacolo e personaggi politici, lo sport, l’ecologia, la passione per le armi, le malattie, la pedofilia, e via enumerando qualunque tema sia d’attualità.
Il colore è per sempre
Chi è stato Rafael Padilla? Prima della visione del film Mister Chocolat lo ignoravamo (e crediamo di essere stati in buona compagnia). Rafael Padilla era un nero di origine cubana, venduto schiavo da bambino, fuggito, e dopo vari vagabondaggi approdato a fare “il selvaggio” in un misero circo di provincia in Francia. Siamo intorno al 1880 e anche i bianchi, se non sono ricchi borghesi o nobili privilegiati, non se la passanavano bene.